mercoledì 26 ottobre 2011

Il Papa: Come Cristiani vogliamo invocare da Dio il dono della pace, vogliamo pregarlo che ci renda strumenti della sua pace in un mondo ancora lacerato da odio, da divisioni, da egoismi, da guerre, vogliamo chiedergli che l’incontro di domani ad Assisi favorisca il dialogo tra persone di diversa appartenenza religiosa e porti un raggio di luce capace di illuminare la mente e il cuore di tutti gli uomini, perché il rancore ceda il posto al perdono, la divisione alla riconciliazione, l’odio all’amore, la violenza alla mitezza, e nel mondo regni la pace

PELLEGRINAGGIO DEL SANTO PADRE AD ASSISI (27 OTTOBRE 2011): LO SPECIALE DEL BLOG

DISCORSI, MESSAGGI ED OMELIE DEL PAPA AD ASSISI

VIDEO INTEGRALE

OMELIA DEL SANTO PADRE: AUDIO INTEGRALE DI RADIO VATICANA

Il saluto del card. Vallini al Papa nella liturgia della Parola in preparazione al pellegrinaggio ad Assisi

Vedi anche:

Liturgia della Parola: servizio di Rome Reports

Il Papa: verità e umiltà per costruire la pace (Angela Ambrogetti)

Il Papa: I cristiani non devono mai cadere alla tentazione di diventare lupi tra i lupi...Gesù non vince il mondo con la forza delle armi, ma con la forza della Croce, che è la vera garanzia della vittoria (Sir)

Benedetto XVI presiede la celebrazione della Parola in preparazione alla giornata di Assisi (O.R.)

Appello del Papa per le popolazioni colpite dal sisma in Turchia. Almeno 461 le vittime

Il Papa: I cristiani non devono mai cadere alla tentazione di diventare lupi tra i lupi

Turchia, il Papa: Vicini alla popolazione colpita dal terremoto

L'aula Nervi non basta per la preghiera pre Assisi. Il Papa: i Cristiani si mettano al servizio della pace. Appello per i soccorsi dopo il terremoto in Turchia (Izzo)

Il Papa: Gesù "non è un re che domina con il potere politico e militare", ma è "un re mansueto che regna con l'umiltà e la mitezza di fronte a Dio e agli uomini"

Incontro di Assisi: le riflessioni del prof. Bodei, del cardinale Tauran e di mons. Paglia (Radio Vaticana)

Il Papa alla vigilia dell’incontro di Assisi: i cristiani non diventino lupi tra i lupi, ma lavorino per il regno della pace di Cristo

UDIENZA GENERALE: PREGHIERA IN PREPARAZIONE ALL’INCONTRO DI ASSISI, 26.10.2011

L’Udienza Generale di questa mattina, inizialmente prevista in Piazza San Pietro, a causa del maltempo si è svolta alle ore 10.30 nell’Aula Paolo VI in Vaticano, dove il Santo Padre Benedetto XVI ha presieduto una Celebrazione della Parola in preparazione alla Giornata di riflessione, dialogo e preghiera per la pace e la giustizia nel mondo "Pellegrini della verità, pellegrini della pace", in programma per domani, giovedì 27 ottobre, ad Assisi.
Nel corso del momento di preghiera, che si è aperto con l’indirizzo di omaggio del Vicario Generale per la Diocesi di Roma, l’Em.mo Card. Agostino Vallini, il Papa ha tenuto l’omelia.
Al termine della Celebrazione della Parola, dopo la Benedizione finale, il Santo Padre - che prima di giungere nell’Aula Paolo VI era passato in Basilica per salutare i fedeli che non avevano trovato posto in Aula - ha rivolto il suo saluto ai gruppi di fedeli e pellegrini provenienti dall’Italia e da ogni parte del mondo. Nel corso dell’udienza il Papa ha anche rivolto un appello per le popolazioni della Turchia colpite dal terremoto.
Riportiamo di seguito l’omelia che il Papa ha pronunciato nel corso della Celebrazione della Parola, nonché i testi dei saluti e dell’appello:


SALUTI AI PELLEGRINI NELLA BASILICA VATICANA

Cari fratelli e sorelle!

Sono lieto di accogliervi nella Basilica di San Pietro e di rivolgere il mio cordiale benvenuto a tutti voi che purtroppo non avete trovato posto nell’Aula Paolo VI. Vi incoraggio a rafforzare la vostra adesione al Vangelo per essere sempre disponibili e pronti a compiere la volontà del Signore. Con questi voti, di cuore imparto a tutti voi la mia Benedizione, che volentieri estendo alle vostre famiglie e alle persone care.

Je suis heureux de vous accueillir dans la Basilique Saint-Pierre et d’adresser ma cordiale bienvenue à vous tous qui n’avez pas trouvé de place dans la Salle Paul VI. Adhérez toujours au Christ et témoignez avec joie de l’Évangile! De tout cœur je vous adresse à tous ma Bénédiction.

I am pleased to receive you in Saint Peter’s Basilica and to extend a warm welcome to all of you who could not be accommodated in the Audience Hall. Always stay faithfully united to Christ and bear joyful witness to the Gospel. To all of you I cordially impart my Blessing.

Liebe Brüder und Schwestern!

Ich freue mich, euch in der Basilika Sankt Peter zu begrüßen, und heiße euch alle herzlich willkommen. Ich hoffe, daß ihr trotz des Regens einen schönen Tag verbringen könnt. Und wenn auch leider die große Audienz geteilt werden mußte, sollen doch der Segen und die Freude Gottes mit euch gehen. Bezeugt dem Herrn eure Dankbarkeit, euren Glauben. Tragt den Glauben und die Freude des Glaubens in die Welt hinaus und in den Alltag hinein. In diesem Sinne erteile ich am Schluß allen von Herzen meinen Apostolischen Segen.

Me es grato recibiros en la Basílica de San Pedro y dar una cordial bienvenida a todos los que no habéis podido acomodaros en el Aula Pablo VI. Uníos siempre a Cristo y dad testimonio del Evangelio con alegría. Os imparto de corazón a todos mi Bendición.

Com alegría, vos acólho na Basílica de São Pédro e dou as mínhas cordiáis bóas-víndas a tódos vós que não conseguístes lugár na Áula Páulo VI [séxto]. Vivéi sémpre unídos a Crísto e testemunhái com alegría o Evangélho. De coração, concédo a tódos vós a mínha Bénçao.

Drodzy Polacy, Bracia i Siostry. Serdecznie pozdrawiam was obecnych tu w Bazylice Świętego Piotra przy grobach apostolskich, przy ołtarzu błogosławionego Jana Pawła II. Niech waszą wiarę umocni spotkanie w tym świętym miejscu. Z serca wam błogosławię.

[Cari fratelli e sorelle polacchi. Saluto cordialmente voi qui presenti nella Basilica di San Pietro accanto ai sepolcri degli apostoli e all’altare del beato Giovanni Paolo II. Che la presenza in questo santo posto rafforzi la vostra fede. Vi benedico di cuore.]


OMELIA DEL SANTO PADRE

Cari fratelli e sorelle,

oggi il consueto appuntamento dell’Udienza generale assume un carattere particolare, poiché siamo alla vigilia della Giornata di riflessione, dialogo e preghiera per la pace e la giustizia nel mondo, che si terrà domani ad Assisi, a venticinque anni dal primo storico incontro convocato dal Beato Giovanni Paolo II.
Ho voluto dare a questa giornata il titolo “Pellegrini della verità, pellegrini della pace”, per significare l’impegno che vogliamo solennemente rinnovare, insieme con i membri di diverse religioni, e anche con uomini non credenti ma sinceramente in ricerca della verità, nella promozione del vero bene dell’umanità e nella costruzione della pace. Come ho già avuto modo di ricordare, “Chi è in cammino verso Dio non può non trasmettere pace, chi costruisce pace non può non avvicinarsi a Dio”.
Come cristiani, siamo convinti che il contributo più prezioso che possiamo dare alla causa della pace è quello della preghiera.
Per questo motivo ci ritroviamo oggi, come Chiesa di Roma, insieme ai pellegrini presenti nell’Urbe, nell’ascolto della Parola di Dio, per invocare con fede il dono della pace. Il Signore può illuminare la nostra mente e i nostri cuori e guidarci ad essere costruttori di giustizia e di riconciliazione nelle nostre realtà quotidiane e nel mondo.
Nel brano del profeta Zaccaria che abbiamo appena ascoltato è risuonato un annuncio pieno di speranza e di luce (cfr Zc 9,10). Dio promette la salvezza, invita ad “esultare grandemente” perché questa salvezza si sta per concretizzare. Si parla di un re: “Ecco, a te viene il tuo re. Egli è giusto e vittorioso” (v. 9), ma quello che viene annunciato non è un re che si presenta con la potenza umana, la forza delle armi; non è un re che domina con il potere politico e militare; è un re mansueto, che regna con l’umiltà e la mitezza di fronte a Dio e agli uomini, un re diverso rispetto ai grandi sovrani del mondo: “cavalca un asino, un puledro figlio d’asina”, dice il profeta (ibidem). Egli si manifesta cavalcando l’animale della gente comune, del povero, in contrasto con i carri da guerra degli eserciti dei potenti della terra. Anzi, è un re che farà sparire questi carri, spezzerà gli archi di battaglia, annuncerà la pace alle nazioni (cfr v. 10).
Ma chi è questo re di cui parla il profeta Zaccaria? Andiamo per un momento a Betlemme e riascoltiamo ciò che l’Angelo dice ai pastori che vegliavano di notte facendo guardia al proprio gregge. L'Angelo annuncia una gioia che sarà di tutto il popolo, legata ad un segno povero: un bambino avvolto in fasce, posto in una mangiatoia (cfr Lc 2,8-12). E la moltitudine celeste canta “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama”, agli uomini di buona volontà (v. 14).
La nascita di quel bambino, che è Gesù, porta un annuncio di pace per tutto il mondo. Ma andiamo anche ai momenti finali della vita di Cristo, quando Egli entra in Gerusalemme accolto da una folla festante. L’annuncio del profeta Zaccaria dell’avvento di un re umile e mansueto tornò alla mente dei discepoli di Gesù in modo particolare dopo gli eventi della passione, morte e risurrezione, del Mistero pasquale, quando riandarono con gli occhi della fede a quel gioioso ingresso del Maestro nella Città Santa. Egli cavalca un asina, presa in prestito (cfr Mt 21,2-7): non è su di una ricca carrozza, non è a cavallo come i grandi. Non entra in Gerusalemme accompagnato da un potente esercito di carri e di cavalieri. Egli è un re povero, il re di coloro che sono i poveri di Dio. Nel testo greco appare il termine praeîs, che significa i mansueti, i miti; Gesù è il re degli anawim, di coloro che hanno il cuore libero dalla brama di potere e di ricchezza materiale, dalla volontà e dalla ricerca di dominio sull’altro. Gesù è il re di quanti hanno quella libertà interiore che rende capaci di superare l’avidità, l’egoismo che c’è nel mondo, e sanno che Dio solo è la loro ricchezza.

Gesù è re povero tra i poveri, mite tra coloro che vogliono essere miti. In questo modo Egli è re di pace, grazie alla potenza di Dio, che è la potenza del bene, la potenza dell’amore. E’ un re che farà sparire i carri e i cavalli da battaglia, che spezzerà gli archi da guerra; un re che realizza la pace sulla Croce, congiungendo la terra e il cielo e gettando un ponte fraterno tra tutti gli uomini. La Croce è il nuovo arco di pace, segno e strumento di riconciliazione, di perdono, di comprensione, segno che l’amore è più forte di ogni violenza e di ogni oppressione, più forte della morte: il male si vince con il bene, con l’amore.

E’ questo il nuovo regno di pace in cui Cristo è il re; ed è un regno che si estende su tutta la terra. Il profeta Zaccaria annuncia che questo re mansueto, pacifico, e dice: dominerà “da mare a mare e dal Fiume fino ai confini della terra” (Zc 9,10). Il regno che Cristo inaugura ha dimensioni universali.

L’orizzonte di questo re povero, mite non è quello di un territorio, di uno Stato, ma sono i confini del mondo; al di là di ogni barriera di razza, di lingua, di cultura, Egli crea comunione, crea unità. E dove vediamo realizzarsi nell’oggi questo annuncio? Nella grande rete delle comunità eucaristiche che si estende su tutta la terra riemerge luminosa la profezia di Zaccaria. E’ un grande mosaico di comunità nelle quali si rende presente il sacrificio di amore di questo re mansueto e pacifico; è il grande mosaico che costituisce il “Regno di pace” di Gesù da mare a mare fino ai confini del mondo; è una moltitudine di “isole della pace”, che irradiano pace.

Dappertutto, in ogni realtà, in ogni cultura, dalle grandi città con i loro palazzi, fino ai piccoli villaggi con le umili dimore, dalle possenti cattedrali alle piccole cappelle, Egli viene, si rende presente; e nell’entrare in comunione con Lui anche gli uomini sono uniti tra di loro in un unico corpo, superando divisioni, rivalità, rancori. Il Signore viene nell’Eucaristia per toglierci dal nostro individualismo, dai nostri particolarismi che escludono gli altri, per formare di noi un solo corpo, un solo regno di pace in un mondo diviso.
Ma come possiamo costruire questo regno di pace di cui Cristo è il re? Il comando che Egli lascia ai suoi Apostoli e, attraverso di loro, a tutti noi è: “Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli…

Ed ecco io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,19). Come Gesù, i messaggeri di pace del suo regno devono mettersi in cammino, devono rispondere al suo invito. Devono andare, ma non con la potenza della guerra o con la forza del potere. Nel brano del Vangelo che abbiamo ascoltato Gesù invia settantadue discepoli alla grande messe che è il mondo, invitandoli a pregare il Signore della messe perché non manchino mai operai nella sua messe (cfr Lc 10,1-3); ma non li invia con mezzi potenti, bensì “come agnelli in mezzo ai lupi” (v. 3), senza borsa, bisaccia, né sandali (cfr v. 4). San Giovanni Crisostomo, in una delle sue Omelie, commenta: “Finché saremo agnelli, vinceremo e, anche se saremo circondati da numerosi lupi, riusciremo a superarli. Ma se diventeremo lupi, saremo sconfitti, perché saremo privi dell’aiuto del pastore” (Omelia 33, 1: PG 57, 389). I cristiani non devono mai cadere alla tentazione di diventare lupi tra i lupi; non è con il potere, con la forza, con la violenza che il regno di pace di Cristo si estende, ma con il dono di sé, con l’amore portato all’estremo, anche verso i nemici. Gesù non vince il mondo con la forza delle armi, ma con la forza della Croce, che è la vera garanzia della vittoria. E questo ha come conseguenza per chi vuole essere discepolo del Signore, suo inviato, l’essere pronto anche alla passione e al martirio, a perdere la propria vita per Lui, perché nel mondo trionfino il bene, l’amore, la pace. E’ questa la condizione per poter dire, entrando in ogni realtà: “Pace a questa casa” (Lc 10,5).

Davanti alla Basilica di San Pietro, si trovano due grandi statue dei santi Pietro e Paolo, facilmente identificabili: san Pietro tiene in mano le chiavi, san Paolo invece tiene nelle mani una spada. Per chi non conosce la storia di quest’ultimo potrebbe pensare che si tratti di un grande condottiero che ha guidato possenti eserciti e con la spada avrebbe sottomesso popoli e nazioni, procurandosi fama e ricchezza con il sangue altrui. Invece è esattamente il contrario: la spada che tiene tra le mani è lo strumento con cui Paolo venne messo a morte, con cui subì il martirio e sparse il suo sangue.

La sua battaglia non fu quella della violenza, della guerra, ma quella del martirio per Cristo. La sua unica arma fu proprio l’annuncio di “Gesù Cristo e Cristo crocifisso” (1Cor 2,2). La sua predicazione non si basò “su discorsi persuasivi di sapienza, ma sulla manifestazione dello Spirito e della sua potenza” (v. 4).

Dedicò la sua vita a portare il messaggio di riconciliazione e di pace del Vangelo, spendendo ogni sua energia per farlo risuonare fino ai confini della terra. E questa è stata la sua forza: non ha cercato una vita tranquilla, comoda, lontana dalle difficoltà, dalle contrarietà, ma si è consumato per il Vangelo, ha dato tutto se stesso senza riserve, e così è diventato il grande messaggero della pace e della riconciliazione di Cristo. La spada che san Paolo tiene nelle mani richiama anche la potenza della verità, che spesso può ferire, può far male; l’Apostolo è rimasto fedele fino in fondo a questa verità, l’ha servita, ha sofferto per essa, ha consegnato la sua vita per essa. Questa stessa logica vale anche per noi, se vogliamo essere portatori del regno di pace annunciato dal profeta Zaccaria e realizzato da Cristo: dobbiamo essere disposti a pagare di persona, a soffrire in prima persona l’incomprensione, il rifiuto, la persecuzione. Non è la spada del conquistatore che costruisce la pace, ma la spada del sofferente, di chi sa donare la propria vita.

Cari fratelli e sorelle, come cristiani vogliamo invocare da Dio il dono della pace, vogliamo pregarlo che ci renda strumenti della sua pace in un mondo ancora lacerato da odio, da divisioni, da egoismi, da guerre, vogliamo chiedergli che l’incontro di domani ad Assisi favorisca il dialogo tra persone di diversa appartenenza religiosa e porti un raggio di luce capace di illuminare la mente e il cuore di tutti gli uomini, perché il rancore ceda il posto al perdono, la divisione alla riconciliazione, l’odio all’amore, la violenza alla mitezza, e nel mondo regni la pace.
Amen.

APPELLO DEL SANTO PADRE PER LE POPOLAZIONI DELLA TURCHIA

Cari fratelli e sorelle, prima di salutarvi nelle diverse lingue, comincio con un appello. In questo momento, il pensiero va alle popolazioni della Turchia duramente colpite dal terremoto, che ha causato gravi perdite di vite umane, numerosi dispersi e ingenti danni. Vi invito ad unirvi a me nella preghiera per coloro che hanno perso la vita e ad essere spiritualmente vicini a tante persone così duramente provate. L’Altissimo dia sostegno a tutti coloro che sono impegnati nell’opera di soccorso. Adesso saluto nelle diverse lingue.

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