mercoledì 30 marzo 2011

Il Papa: Sant’Alfonso propone una sintesi equilibrata e convincente tra le esigenze della legge di Dio, scolpita nei nostri cuori, rivelata pienamente da Cristo e interpretata autorevolmente dalla Chiesa, e i dinamismi della coscienza e della libertà dell’uomo, che proprio nell’adesione alla verità e al bene permettono la maturazione e la realizzazione della persona

CICLO DI CATECHESI SUI DOTTORI DELLA CHIESA

UDIENZA GENERALE: VIDEO INTEGRALE

CATECHESI DEL SANTO PADRE: AUDIO INTEGRALE DI RADIO VATICANA

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Il Papa: Alfonso “insiste molto sulla necessità della preghiera, che consente di aprirsi alla Grazia divina per compiere quotidianamente la volontà di Dio e conseguire la propria santificazione”

Il Papa: Alfonso Maria de’ Liguori, un santo Dottore della Chiesa”, “un insigne teologo moralista e un maestro di vita spirituale per tutti, soprattutto per la gente semplice”

L’UDIENZA GENERALE, 30.03.2011

L’Udienza Generale di questa mattina si è svolta alle ore 10.30 in Piazza San Pietro dove il Santo Padre ha incontrato gruppi di pellegrini e di fedeli provenienti dall’Italia e da ogni parte del mondo.
Nel discorso in lingua italiana, il Papa - continuando il ciclo di catechesi sui Dottori della Chiesa - ha incentrato la sua meditazione sulla figura di Sant’Alfonso Maria de’ Liguori (1696-1787).
Dopo aver riassunto la Sua catechesi in diverse lingue, il Santo Padre Benedetto XVI ha rivolto particolari espressioni di saluto ai gruppi di fedeli presenti.
L’Udienza Generale si è conclusa con il canto del Pater Noster e la Benedizione Apostolica.

CATECHESI DEL SANTO PADRE IN LINGUA ITALIANA

Sant'Alfonso Maria de' Liguori

Cari fratelli e sorelle,

oggi vorrei presentarvi la figura di un santo Dottore della Chiesa a cui siamo molto debitori, perché è stato un insigne teologo moralista e un maestro di vita spirituale per tutti, soprattutto per la gente semplice. E’ l’autore delle parole e della musica di uno dei canti natalizi più popolari in Italia e non solo: Tu scendi dalle stelle.

Appartenente a una nobile e ricca famiglia napoletana, Alfonso Maria de’ Liguori nacque nel 1696. Dotato di spiccate qualità intellettuali, a soli 16 anni conseguì la laurea in diritto civile e canonico. Era l’avvocato più brillante del foro di Napoli: per otto anni vinse tutte le cause che difese. Tuttavia, nella sua anima assetata di Dio e desiderosa di perfezione, il Signore lo conduceva a comprendere che un’altra era la vocazione a cui lo chiamava. Infatti, nel 1723, indignato per la corruzione e l’ingiustizia che viziavano l’ambiente forense, abbandonò la sua professione - e con essa la ricchezza e il successo - e decise di diventare sacerdote, nonostante l’opposizione del padre. Ebbe degli ottimi maestri, che lo introdussero allo studio della Sacra Scrittura, della Storia della Chiesa e della mistica. Acquisì una vasta cultura teologica, che mise a frutto quando, dopo qualche anno, intraprese la sua opera di scrittore. Fu ordinato sacerdote nel 1726 e si legò, per l’esercizio del ministero, alla Congregazione diocesana delle Missioni Apostoliche. Alfonso iniziò un’azione di evangelizzazione e di catechesi tra gli strati più umili della società napoletana, a cui amava predicare, e che istruiva sulle verità basilari della fede. Non poche di queste persone, povere e modeste, a cui egli si rivolgeva, molto spesso erano dedite ai vizi e compivano azioni criminali. Con pazienza insegnava loro a pregare, incoraggiandole a migliorare il loro modo di vivere. Alfonso ottenne ottimi risultati: nei quartieri più miseri della città si moltiplicavano gruppi di persone che, alla sera, si riunivano nelle case private e nelle botteghe, per pregare e per meditare la Parola di Dio, sotto la guida di alcuni catechisti formati da Alfonso e da altri sacerdoti, che visitavano regolarmente questi gruppi di fedeli. Quando, per desiderio dell’arcivescovo di Napoli, queste riunioni vennero tenute nelle cappelle della città, presero il nome di “cappelle serotine”. Esse furono una vera e propria fonte di educazione morale, di risanamento sociale, di aiuto reciproco tra i poveri: furti, duelli, prostituzione finirono quasi per scomparire.

Anche se il contesto sociale e religioso dell’epoca di sant’Alfonso era ben diverso dal nostro, le “cappelle serotine” appaiono un modello di azione missionaria a cui possiamo ispirarci anche oggi per una “nuova evangelizzazione”, particolarmente dei più poveri, e per costruire una convivenza umana più giusta, fraterna e solidale. Ai sacerdoti è affidato un compito di ministero spirituale, mentre laici ben formati possono essere efficaci animatori cristiani, autentico lievito evangelico in seno alla società.

Dopo aver pensato di partire per evangelizzare i popoli pagani, Alfonso, all’età di 35 anni, entrò in contatto con i contadini e i pastori delle regioni interne del Regno di Napoli e, colpito dalla loro ignoranza religiosa e dallo stato di abbandono in cui versavano, decise di lasciare la capitale e di dedicarsi a queste persone, che erano povere spiritualmente e materialmente. Nel 1732 fondò la Congregazione religiosa del Santissimo Redentore, che pose sotto la tutela del vescovo Tommaso Falcoia, e di cui successivamente egli stesso divenne il superiore. Questi religiosi, guidati da Alfonso, furono degli autentici missionari itineranti, che raggiungevano anche i villaggi più remoti esortando alla conversione e alla perseveranza nella vita cristiana soprattutto per mezzo della preghiera. Ancor oggi i Redentoristi, sparsi in tanti Paesi del mondo, con nuove forme di apostolato, continuano questa missione di evangelizzazione. A loro penso con riconoscenza, esortandoli ad essere sempre fedeli all’esempio del loro santo Fondatore.

Stimato per la sua bontà e per il suo zelo pastorale, nel 1762 Alfonso fu nominato Vescovo di Sant’Agata dei Goti, ministero che, in seguito alle malattie da cui era afflitto, lasciò nel 1775, per concessione del Papa Pio VI. Lo stesso Pontefice, nel 1787, apprendendo la notizia della sua morte, avvenuta dopo molte sofferenze, esclamò: “Era un santo!”. E non si sbagliava: Alfonso fu canonizzato nel 1839, e nel 1871 venne dichiarato Dottore della Chiesa. Questo titolo gli si addice per molteplici ragioni.

Anzitutto, perché ha proposto un ricco insegnamento di teologia morale, che esprime adeguatamente la dottrina cattolica, al punto che fu proclamato dal Papa Pio XII “Patrono di tutti i confessori e i moralisti”. Ai suoi tempi, si era diffusa un’interpretazione molto rigorista della vita morale anche a motivo della mentalità giansenista che, anziché alimentare la fiducia e la speranza nella misericordia di Dio, fomentava la paura e presentava un volto di Dio arcigno e severo, ben lontano da quello rivelatoci da Gesù.

Sant’Alfonso, soprattutto nella sua opera principale intitolata Teologia Morale, propone una sintesi equilibrata e convincente tra le esigenze della legge di Dio, scolpita nei nostri cuori, rivelata pienamente da Cristo e interpretata autorevolmente dalla Chiesa, e i dinamismi della coscienza e della libertà dell’uomo, che proprio nell’adesione alla verità e al bene permettono la maturazione e la realizzazione della persona.

Ai pastori d’anime e ai confessori Alfonso raccomandava di essere fedeli alla dottrina morale cattolica, assumendo, nel contempo, un atteggiamento caritatevole, comprensivo, dolce perché i penitenti potessero sentirsi accompagnati, sostenuti, incoraggiati nel loro cammino di fede e di vita cristiana. Sant’Alfonso non si stancava mai di ripetere che i sacerdoti sono un segno visibile dell’infinita misericordia di Dio, che perdona e illumina la mente e il cuore del peccatore affinché si converta e cambi vita. Nella nostra epoca, in cui vi sono chiari segni di smarrimento della coscienza morale e – occorre riconoscerlo – di una certa mancanza di stima verso il Sacramento della Confessione, l’insegnamento di sant’Alfonso è ancora di grande attualità.

Insieme alle opere di teologia, sant’Alfonso compose moltissimi altri scritti, destinati alla formazione religiosa del popolo. Lo stile è semplice e piacevole. Lette e tradotte in numerose lingue, le opere di sant’Alfonso hanno contribuito a plasmare la spiritualità popolare degli ultimi due secoli. Alcune di esse sono testi da leggere con grande profitto ancor oggi, come Le Massime eterne, Le glorie di Maria, La pratica d’amare Gesù Cristo, opera – quest’ultima – che rappresenta la sintesi del suo pensiero e il suo capolavoro. Egli insiste molto sulla necessità della preghiera, che consente di aprirsi alla Grazia divina per compiere quotidianamente la volontà di Dio e conseguire la propria santificazione. Riguardo alla preghiera egli scrive: “Dio non nega ad alcuno la grazia della preghiera, con la quale si ottiene l’aiuto a vincere ogni concupiscenza e ogni tentazione. E dico, e replico e replicherò sempre, sino a che avrò vita, che tutta la nostra salvezza sta nel pregare”. Di qui il suo famoso assioma: “Chi prega si salva” (Del gran mezzo della preghiera e opuscoli affini. Opere ascetiche II, Roma 1962, p. 171). Mi torna in mente, a questo proposito, l’esortazione del mio precedessore, il Venerabile Servo di Dio Giovanni Paolo II: “Le nostre comunità cristiane devono diventare «scuole di preghiera»... Occorre allora che l’educazione alla preghiera diventi un punto qualificante di ogni programmazione pastorale” (Lett. ap. Novo Millennio ineunte, 33,34).

Tra le forme di preghiera consigliate fervidamente da sant’Alfonso spicca la visita al Santissimo Sacramento o, come diremmo oggi, l’adorazione, breve o prolungata, personale o comunitaria, dinanzi all’Eucaristia. “Certamente – scrive Alfonso – fra tutte le devozioni questa di adorare Gesù sacramentato è la prima dopo i sacramenti, la più cara a Dio e la più utile a noi... Oh, che bella delizia starsene avanti ad un altare con fede... e presentargli i propri bisogni, come fa un amico a un altro amico con cui si abbia tutta la confidenza!” (Visite al SS. Sacramento ed a Maria SS. per ciascun giorno del mese. Introduzione). La spiritualità alfonsiana è infatti eminentemente cristologica, centrata su Cristo e il Suo Vangelo. La meditazione del mistero dell’Incarnazione e della Passione del Signore sono frequentemente oggetto della sua predicazione. In questi eventi, infatti, la Redenzione viene offerta a tutti gli uomini “copiosamente”. E proprio perché cristologica, la pietà alfonsiana è anche squisitamente mariana. Devotissimo di Maria, egli ne illustra il ruolo nella storia della salvezza: socia della Redenzione e Mediatrice di grazia, Madre, Avvocata e Regina. Inoltre, sant’Alfonso afferma che la devozione a Maria ci sarà di grande conforto nel momento della nostra morte. Egli era convinto che la meditazione sul nostro destino eterno, sulla nostra chiamata a partecipare per sempre alla beatitudine di Dio, come pure sulla tragica possibilità della dannazione, contribuisce a vivere con serenità ed impegno, e ad affrontare la realtà della morte conservando sempre piena fiducia nella bontà di Dio.

Sant’Alfonso Maria de’ Liguori è un esempio di pastore zelante, che ha conquistato le anime predicando il Vangelo e amministrando i Sacramenti, unito ad un modo di agire improntato a una soave e mite bontà, che nasceva dall’intenso rapporto con Dio, Bontà infinita. Ha avuto una visione realisticamente ottimista delle risorse di bene che il Signore dona ad ogni uomo e ha dato importanza agli affetti e ai sentimenti del cuore, oltre che alla mente, per poter amare Dio e il prossimo.

In conclusione, vorrei ricordare che il nostro Santo, analogamente a san Francesco di Sales – di cui ho parlato qualche settimana fa – insiste nel dire che la santità è accessibile ad ogni cristiano: "Il religioso da religioso, il secolare da secolare, il sacerdote da sacerdote, il maritato da maritato, il mercante da mercante, il soldato da soldato, e così parlando d’ogni altro stato" (Pratica di amare Gesù Cristo. Opere ascetiche I, Roma 1933, p. 79). Ringraziamo il Signore che, con la sua Provvidenza, suscita santi e dottori in luoghi e tempi diversi, che parlano lo stesso linguaggio per invitarci a crescere nella fede e a vivere con amore e con gioia il nostro essere cristiani nelle semplici azioni di ogni giorno, per camminare sulla strada della santità, sulla strada strada verso Dio e verso la vera gioia. Grazie.

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APPELLO DEL SANTO PADRE

Depuis longtemps, ma pensée va souvent aux populations de la Côte d’Ivoire, traumatisées par de douloureuses luttes internes et de graves tensions sociales et politiques.

Alors que j’exprime ma proximité à tous ceux qui ont perdu un être cher et souffrent de la violence, je lance un appel pressant afin que soit engagé le plus vite possible un processus de dialogue constructif pour le bien commun. L’opposition dramatique rend plus urgent le rétablissement du respect et de la cohabitation pacifique. Aucun effort ne doit être épargné dans ce sens.

Avec ces sentiments, j’ai décidé d’envoyer dans ce noble Pays, le Cardinal Peter Kodwo Turkson, Président du Conseil pontifical “Justice et Paix”, afin qu’il manifeste ma solidarité et celle de l’Église universelle aux victimes du conflit, et encourage à la réconciliation et à la paix.

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martedì 29 marzo 2011

Il Papa ai vescovi dell'America Latina: La famiglia è il valore più caro ai popoli di quelle nobili terre. Per questo motivo, la pastorale familiare ha un posto rilevante nell'azione evangelizzatrice di ognuna delle diverse Chiese particolari, promuovendo la cultura della vita e lavorando affinché i diritti delle famiglie siano riconosciuti e rispettati

Vedi anche:

Il Papa: La famiglia è il valore piu' caro per i popoli dell'America Latina (Asca)

Il Papa: povertà ed ideologia minacciano la famiglia in America Latina

Bagnasco verso… Genova (Rodari)

Il Papa ai vescovi dell'America Latina: "missione preziosa" delle famiglie (Sir)

Attacchi contro la famiglia. Benedetto XVI: non possiamo restare indifferenti (R.V.)

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE PER L’INCONTRO DEI VESCOVI RESPONSABILI DELLA PASTORALE FAMILIARE E DELLA VITA DELL’AMERICA LATINA E DEI CARAIBI, 29.03.2011

Pubblichiamo di seguito il Messaggio che il Santo Padre Benedetto XVI ha inviato in occasione dell’Incontro dei Vescovi responsabili della Commissione Episcopale della Famiglia e della Vita dell’America Latina e dei Caraibi, che si svolge a Bogotá in Colombia dal 28 marzo al 1° aprile :

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE

Al venerato fratello
Cardinale Ennio Antonelli
Presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia


Sono lieto di salutare cordialmente lei, Eminenza, e gli altri cardinali, vescovi e sacerdoti che partecipano all'incontro dei responsabili delle Commissioni Episcopali di Famiglia e Vita dell'America Latina e dei Caraibi, che si svolge a Bogotá.

Come ho ribadito nella v conferenza generale dell'Episcopato dell'America Latina e dei Caraibi, la famiglia è il valore più caro ai popoli di quelle nobili terre. Per questo motivo, la pastorale familiare ha un posto rilevante nell'azione evangelizzatrice di ognuna delle diverse Chiese particolari, promuovendo la cultura della vita e lavorando affinché i diritti delle famiglie siano riconosciuti e rispettati.

Si constata però con dolore come i focolari domestici stiano subendo sempre più situazioni avverse provocate dai rapidi cambiamenti culturali, dall'instabilità sociale, dai flussi migratori, dalla povertà, dai programmi di educazione che banalizzano la sessualità e da false ideologie. Non possiamo restare indifferenti di fronte a queste sfide. Nel Vangelo troviamo la luce necessaria per rispondere ad esse senza perderci d'animo.

Cristo con la sua grazia ci spinge a lavorare con diligenza ed entusiasmo per accompagnare ognuno dei membri delle famiglie nella scoperta del progetto di amore che Dio ha per la persona umana. Nessuno sforzo sarà pertanto inutile nel promuovere tutto ciò che può contribuire a far sì che ogni famiglia, fondata sull'unione indissolubile fra un uomo e una donna, porti a termine la sua missione di essere cellula viva della società, vivaio di virtù, scuola di convivenza costruttiva e pacifica, strumento di concordia e ambito privilegiato in cui, in modo gioioso e responsabile, la vita umana viene accolta e protetta, dal suo inizio fino al suo termine naturale. Vale anche la pena continuare ad incoraggiare i genitori nel loro diritto e obbligo fondamentale di educare le nuove generazioni nella fede e nei valori che nobilitano l'esistenza umana.

Non dubito che la missione continentale promossa ad Aparecida, e che tante speranze sta risvegliando ovunque, serva per ravvivare negli amati Paesi latinoamericani e dei Caraibi la pastorale matrimoniale e familiare. La Chiesa può contare sulle famiglie cristiane, chiamandole a essere un vero soggetto di evangelizzazione e di apostolato e invitandole a prendere coscienza della loro preziosa missione nel mondo.

Incoraggio quindi tutti i partecipanti a questa significativa riunione a sviluppare nelle loro riflessioni le grandi linee pastorali tracciate dagli episcopati riuniti ad Aparecida, permettendo in tal modo alla famiglia di vivere un profondo incontro con Cristo attraverso l'ascolto della sua Parola, la preghiera, la vita sacramentale e l'esercizio della carità. In tal modo, la si aiuterà a mettere in pratica una salda spiritualità che favorisca in tutti i suoi membri una decisa aspirazione alla santità, senza timore di mostrare la bellezza degli alti ideali e le esigenze etiche e morali della vita in Cristo. Per promuovere ciò, è necessario incrementare la formazione di tutti coloro che, in un modo o nell'altro, si dedicano all'evangelizzazione delle famiglie. Allo stesso modo, è importante intraprendere percorsi di collaborazione con tutti gli uomini e le donne di buona volontà per continuare a tutelare intensamente la vita umana, il matrimonio e la famiglia in tutta la regione.

Concludo esprimendo il mio affetto e la mia solidarietà a tutte le famiglie dell'America Latina e dei Caraibi, in particolare a quelle che si trovano in situazioni difficili. Mentre affido alla potente protezione della Santissima Vergine Maria i frutti di questa lodevole iniziativa, imparto loro di cuore l'implorata Benedizione Apostolica, che estendo con piacere a quanti sono impegnati nell'evangelizzazione e nella promozione del bene delle famiglie.

Dal Vaticano, 28 marzo 2011

BENEDICTUS PP. XVI

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domenica 27 marzo 2011

Il Papa: Ognuno di noi può immedesimarsi con la donna Samaritana: Gesù ci aspetta, specialmente in questo tempo di Quaresima, per parlare al nostro, al mio cuore. Fermiamoci un momento in silenzio, nella nostra stanza, o in una chiesa, o in un luogo appartato

QUARESIMA SETTIMANA SANTA E PASQUA: LO SPECIALE DEL BLOG

ANGELUS: AUDIO INTEGRALE DI RADIO VATICANA



Il Papa: "Mentre elevo al Signore la mia preghiera per un ritorno alla concordia in Libia e nell’intera Regione nordafricana, rivolgo un accorato appello agli organismi internazionali e a quanti hanno responsabilità politiche e militari, per l’immediato avvio di un dialogo, che sospenda l’uso delle armi" (Appello del Santo Padre)

Vedi anche:

Libia, il card. Bagnasco segue il Papa: tornare alla diplomazia (Liberal)

La Chiesa chiede impegno per la pace. Il Papa: immediato avvio di un dialogo. Il presidente della Cei: stop alle armi, aiuti alla gente (Cardinale)

Libia, il vescovo di Tripoli: L'appello del Santo Padre è una notizia bellissima, che ci conforta molto (Asca)

Card. Scola: così Libia e Nord Africa possono "rifare" l'Europa (Sussidiario)

Libia, nuovo pressante appello del Papa per fermare le armi (Izzo)

La parola chiara del Papa: stop alla guerra‎ (Tornielli)

Libia: la linea della Santa Sede (Vecchi)

L'appello del Papa per la Libia: Sospendere l'uso delle armi (Vecchi)

Il Papa: L'onnipotenza dell'Amore rispetta sempre la liberta' dell'uomo; bussa al suo cuore e attende con pazienza la sua risposta. Richiamo al "sacro rispetto per i nascituri abortiti" (Izzo)

Visita del Papa alle Fosse Ardeatine ed Angelus: il servizio di Alessandra Buzzetti

Angelus e visita alle Fosse Ardeatine: il servizio di Lucio Brunelli (Tg2)

Il Papa all'Angelus: Fermiamoci un momento in silenzio, nella nostra stanza, o in una chiesa, o in un luogo appartato. Ascoltiamo la sua voce che ci dice: ‘Se tu conoscessi il dono di Dio…’ (Sir)

La via del dialogo sostituisca le armi: l’appello del Papa per la Libia e il Medio Oriente (R.V.)

Il Papa alle Fosse Ardeatine. La testimonia​nza del cardinale Montezemol​o (Lucio Brunelli)

Libia, il Papa: immediato avvio del dialogo che sospenda l'uso delle armi. M.O., il Papa: basta violenze, cercare la convivenza fraterna (Izzo)

Il Papa: in Libia e in Medio Oriente si fermino le armi e si dia spazio al dialogo (AsiaNews)

Il Papa: In Libia è ora della diplomazia, stop armi e subito dialogo

LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS, 27.03.2011

Di ritorno dalla visita al Sacrario delle Fosse Ardeatine, a mezzogiorno il Santo Padre Benedetto XVI si affaccia alla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli ed i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro per il consueto appuntamento domenicale.
Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana nella III domenica di Quaresima:

PRIMA DELL’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle!

Questa III Domenica di Quaresima è caratterizzata dal celebre dialogo di Gesù con la donna Samaritana, raccontato dall’evangelista Giovanni. La donna si recava tutti i giorni ad attingere acqua ad un antico pozzo, risalente al patriarca Giacobbe, e quel giorno vi trovò Gesù, seduto, "affaticato per il viaggio" (Gv 4,6).
Sant’Agostino commenta: "Non per nulla Gesù si stanca … La forza di Cristo ti ha creato, la debolezza di Cristo ti ha ricreato … Con la sua forza ci ha creati, con la sua debolezza è venuto a cercarci" (In Ioh. Ev., 15, 2). La stanchezza di Gesù, segno della sua vera umanità, può essere vista come un preludio della passione, con la quale Egli ha portato a compimento l’opera della nostra redenzione. In particolare, nell’incontro con la Samaritana al pozzo, emerge il tema della "sete" di Cristo, che culmina nel grido sulla croce: "Ho sete" (Gv 19,28). Certamente questa sete, come la stanchezza, ha una base fisica. Ma Gesù, come dice ancora Agostino, "aveva sete della fede di quella donna" (In Ioh. Ev. 15, 11), come della fede di tutti noi. Dio Padre lo ha mandato a saziare la nostra sete di vita eterna, donandoci il suo amore, ma per farci questo dono Gesù chiede la nostra fede. L’onnipotenza dell’Amore rispetta sempre la libertà dell’uomo; bussa al suo cuore e attende con pazienza la sua risposta.

Nell’incontro con la Samaritana risalta in primo piano il simbolo dell’acqua, che allude chiaramente al sacramento del Battesimo, sorgente di vita nuova per la fede nella Grazia di Dio.
Questo Vangelo, infatti, - come ho ricordato nella Catechesi del Mercoledì delle Ceneri - fa parte dell’antico itinerario di preparazione dei catecumeni all’iniziazione cristiana, che avveniva nella grande Veglia della notte di Pasqua. "Chi berrà dell’acqua che io gli darò – dice Gesù – non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna" (Gv 4,14). Quest’acqua rappresenta lo Spirito Santo, il "dono" per eccellenza che Gesù è venuto a portare da parte di Dio Padre. Chi rinasce dall’acqua e dallo Spirito Santo, cioè nel Battesimo, entra in una relazione reale con Dio, una relazione filiale, e può adorarLo "in spirito e verità" (Gv 4,23.24), come rivela ancora Gesù alla donna Samaritana. Grazie all’incontro con Gesù Cristo e al dono dello Spirito Santo, la fede dell’uomo giunge al suo compimento, come risposta alla pienezza della rivelazione di Dio.

Ognuno di noi può immedesimarsi con la donna Samaritana: Gesù ci aspetta, specialmente in questo tempo di Quaresima, per parlare al nostro, al mio cuore. Fermiamoci un momento in silenzio, nella nostra stanza, o in una chiesa, o in un luogo appartato. Ascoltiamo la sua voce che ci dice: "Se tu conoscessi il dono di Dio…". Ci aiuti la Vergine Maria a non mancare a questo appuntamento, da cui dipende la nostra vera felicità.

DOPO L’ANGELUS

Di fronte alle notizie, sempre più drammatiche, che provengono dalla Libia, cresce la mia trepidazione per l’incolumità e la sicurezza della popolazione civile e la mia apprensione per gli sviluppi della situazione, attualmente segnata dall’uso delle armi. Nei momenti di maggiore tensione si fa più urgente l’esigenza di ricorrere ad ogni mezzo di cui dispone l’azione diplomatica e di sostenere anche il più debole segnale di apertura e di volontà di riconciliazione fra tutte le Parti coinvolte, nella ricerca di soluzioni pacifiche e durature.

In questa prospettiva, mentre elevo al Signore la mia preghiera per un ritorno alla concordia in Libia e nell’intera Regione nordafricana, rivolgo un accorato appello agli organismi internazionali e a quanti hanno responsabilità politiche e militari, per l’immediato avvio di un dialogo, che sospenda l’uso delle armi.

Il mio pensiero si indirizza, infine, alle Autorità ed ai cittadini del Medio Oriente, dove nei giorni scorsi si sono verificati diversi episodi di violenza, perché anche là sia privilegiata la via del dialogo e della riconciliazione nella ricerca di una convivenza giusta e fraterna.


En ce dimanche, chers pèlerins francophones, Jésus se présente à nous comme un mendiant : « Donne-moi à boire ! ». Prenons le temps d’écouter son appel. Saurons-nous, comme la Samaritaine, Le reconnaître comme l’unique source de vie qui répond à la quête profonde de l’homme ? Oui, seule l’eau qu’Il donne peut étancher notre soif de bien, de vérité, de beauté ! Laissons de côté l’idolâtrie du bien-être matériel et de l’éphémère qui laisse le cœur inquiet et vide. Soyons attentifs et accueillants aux besoins des autres pour partager avec eux. Chers amis, en donnant plus de temps à la prière, puissions-nous être des adorateurs en esprit et en vérité et des témoins joyeux du Dieu vivant ! Avec ma bénédiction pour vous et pour vos familles !

I offer a warm greeting to all the English-speaking visitors present for this Angelus prayer. In today’s Gospel Jesus speaks to the Samaritan women of the gift of the Holy Spirit, the water which wells up to eternal life in those who believe. Through our Lenten observance may all of us be renewed in the grace of our Baptism and prepare with hearts renewed to celebrate the gift of new life at Easter. Upon you and your families I invoke God’s blessings of joy and peace!

Mit Freude grüße ich alle Brüder und Schwestern deutscher Sprache, insbesondere die Pilger aus Mannheim und die Teilnehmer an der Siebenkirchenwallfahrt des Collegium Germanicum et Hungaricum. Wasser und Nahrung sind für den Menschen lebensnotwendig. Doch in unserem Inneren verspüren wir einen tieferen Hunger und Durst. Jesus will diese verschüttete Sehnsucht nach dem Wahren, Schönen und Guten, nach Gott in uns wieder wachrufen. Wo wir durch Sünde und Gottferne auszutrocknen drohen, gibt er sich selbst als das Wasser, das in uns zur sprudelnden Quelle wird und wirkliches Leben schenkt. Lassen wir die Frische seiner Liebe in uns neu lebendig werden. Der Herr segne euch alle.

Saludo con afecto a los peregrinos de lengua española que participan en esta oración mariana, en particular al grupo del Instituto Sofía Casanova, de Ferrol. En este tercer domingo de Cuaresma, la liturgia nos presenta el diálogo de Jesús con la samaritana. El Señor ofrece agua de vida que apaga toda sed; agua que es su mismo Espíritu y se nos comunica en el Bautismo. Os animo para que en este tiempo, renovando los compromisos de fe, os encontréis con el Mesías que colma de gracia y verdad, y podáis ofrecer el culto de alabanza que brota de un discípulo fiel. Feliz domingo.

Saúdo os peregrinos de língua portuguesa, em particular a comunidade romana dos fiéis brasileiros, que está realizando a sua peregrinação quaresmal, e os alunos e professores do Colégio de São Tomás em Lisboa, que recordam a minha Visita a Portugal do ano passado. Agradecido pela vossa presença e união na oração, desejo a todos a água viva que Jesus ofereceu à Samaritana, dizendo-lhe que a mesma se torna uma fonte que jorra para a vida eterna. Que Deus vos guarde e abençoe!

Serdeczne pozdrowienie kieruję do Polaków. Dziś św. Paweł przypomina nam, że „Bóg okazuje nam swoją miłość przez to, że Chrystus umarł za nas, gdyśmy byli jeszcze grzesznikami" (Rz 5, 8). Jest to wezwanie, abyśmy pokonując w sobie grzech, coraz pełniej odpowiadali na tę uprzedzającą miłość Boga. Niech nam w tym pomaga czas Wielkiego Postu. Niech Bóg wam błogosławi!

[Un cordiale saluto rivolgo ai polacchi. Oggi san Paolo ci ricorda che "Dio dimostra il suo amore verso di noi perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi" (Rm 5, 8). é un invito affinché, vincendo il peccato in noi, sempre più pienamente rispondiamo al preveniente amore di Dio. Il tempo della Quaresima, favorisca questo itinerario spirituale. Dio vi benedica!]

S láskou pozdravujem slovenských pútnikov, osobitne z farnosti svätého Šimona a Júdu v Hornej Ždani. Bratia a sestry, Pôstne obdobie nás pobáda, aby sme uznali v Ježišovi Kristovi našu najväčšiu nádej. Pozývam vás, aby ste boli vo svete vernými svedkami jeho Radostnej zvesti o vykúpení. Zo srdca vás žehnám. Pochválený buď Ježiš Kristus!

[Saluto con affetto i pellegrini slovacchi, particolarmente quelli provenienti dalla Parrocchia dei Santi Simone e Giuda di Horná Ždaňa. Fratelli e sorelle, il Tempo della Quaresima ci esorta a riconoscere Gesù Cristo come nostra suprema speranza. Vi invito ad essere nel mondo testimoni fedeli della Buona Novella della redenzione. Di cuore vi benedico. Sia lodato Gesù Cristo!]

Infine, saluto cordialmente i pellegrini di lingua italiana, in particolare il Cardinale Elio Sgreccia e i partecipanti al convegno sul tema: "Bambini non nati: l’onore e la pietà", che ha richiamato al sacro rispetto per i nascituri abortiti. Saluto le famiglie del Movimento dell’Amore Familiare e quanti questa notte, nella chiesa di San Gregorio VII, hanno vegliato pregando per la drammatica situazione in Libia. Saluto i fedeli venuti dalla diocesi di Pozzuoli, i ragazzi del Decanato di Rho e quelli di Castel Ritaldi, come pure il gruppo della Scuola Primaria di Lierna e gli ex-alunni della Scuola delle Ancelle del Sacro Cuore di Gesù in Milano. A tutti auguro una buona domenica.

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Il Papa alle Fosse Ardeatine: Ciò che qui è avvenuto il 24 marzo 1944 è offesa gravissima a Dio, perché è la violenza deliberata dell’uomo sull’uomo. E’ l’effetto più esecrabile della guerra, di ogni guerra, mentre Dio è vita, pace, comunione

QUARESIMA SETTIMANA SANTA E PASQUA: LO SPECIALE DEL BLOG

VISITE PASTORALI DEL SANTO PADRE NELLA DIOCESI DI ROMA

Il Papa alle Fosse Ardeatine: foto Ansa

Il Papa alle Fosse Ardeatine: foto excite

Il Papa alle Fosse Ardeatine: foto Repubblica

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Il Papa visita le Fosse Ardeatine: servizio di Rome Reports

La commozione del Papa alle Fosse Ardeatine (La Rocca)

Fosse Ardeatine, l'incontro del Papa con i familiari delle vittime (O.R.)

Il Papa alle Fosse Ardeatine: Quell’eccidio fu «un’offesa gravissima a Dio». Perché fu «violenza deliberata dell’uomo sull’uomo» (Mazza)

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Il manifesto del Papa contro il male. Il commento di Angelo Scelzo

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Il Papa alle Fosse Ardeatine: «Ciò che è avvenuto qui è una offesa gravissima a Dio, perchè è la violenza deliberata dell’uomo sull’uomo» (Giansoldati)

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La visita del Papa alle Fosse Ardeatine nel commento di Giacomo Galeazzi

Card. Montezemolo: «Una visita privata da parte di un Papa tedesco non potrà che fare riflettere perché mette in contrasto l’orrore dell’eccidio nazista col valore della fratellanza» (Giansoldati)

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Il Papa alle Fosse Ardeatine: video La 7

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Il Papa: La «violenza deliberata dell'uomo sull'uomo» consumata il 24 marzo '44 alle Fosse Ardeatine è «effetto esecrabile della guerra», «è offesa gravissima a Dio» (Chirri)

Alle Fosse Ardeatine il Papa ha pregato davanti alla tomba di don Pappagallo (Izzo)

Il Papa in pellegrinaggio alle Fosse Ardeatine (Sir)

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Da Porta Pia a via Rasella: strade del dialogo. Le tappe di Benedetto XVI (Grana)

Il Papa cita una frase incisa sulla parete di una cella ("Credo in Dio e nell'Italia") e pronuncia la preghiera per gli Ebrei di un prigioniero cattolico. La preghiera per i fratelli uccisi senza pietà (Izzo)

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Fosse Ardeatine, il Papa si ferma a salutare i familiari e prega

Il Papa alle Fosse Ardeatine. La testimonia​nza del cardinale Montezemol​o (Lucio Brunelli)

La violenza dell’uomo sull’uomo è offesa gravissima a Dio: così il Papa alle Fosse Ardeatine (Radio Vaticana)

Il Papa alle Fosse Ardeatine per ricordare le vittime della rappresaglia: La violenza sull'uomo è effetto di ogni guerra (Izzo)

Il Papa alle Fosse Ardeatine: «Fu un'offesa gravissima contro Dio» (Corriere)

Il Papa alle Fosse Ardeatine: Qui offesa gravissima a Dio (Ansa)

Il Papa alle Fosse Ardeatine

Oggi il Papa alle Fosse Ardeatine: la memoria e la preghiera (Mazza)

Oggi il Papa alla Fosse Ardeatine. Il card. Montezemolo scavò per trovare il corpo del padre (Izzo)

A colloquio con il cardinale Andrea Cordero Lanza di Montezemolo. Dagli orrori di via Tasso alle Fosse ardeatine (O.R.)

Domani il Papa alle Fosse Ardeatine dopo le visite ad Auschwitz-Birkenau ed allo Yad Vashem (Izzo)

Visita del Papa alle Fosse Ardeatine: la testimonianza del cardinale Cordero Lanza di Montezemolo (R.V.)

Il Papa visiterà le Fosse Ardeatine (Rome Reports)

Domenica il Papa ed il rabbino Di Segni saranno alle Fosse Ardeatine. Il card. Montezemolo ricorda il padre caduto nella strage (Izzo)

VISITA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI AL SACRARIO DELLE FOSSE ARDEATINE, 27.03.2011

Alle ore 10 di questa mattina, accogliendo l’invito dell’Associazione Nazionale tra le Famiglie Italiane dei Martiri caduti per la libertà della Patria (A.N.F.I.M.), il Santo Padre Benedetto XVI si reca in visita privata al Sacrario delle Fosse Ardeatine, nel 67.mo anniversario dell’eccidio.
Ad accogliere il Papa al Sacrario sono il Card. Agostino Vallini, Vicario Generale per la diocesi di Roma; il Card. Andrea Cordero Lanza di Montezemolo (figlio del Colonnello Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo, caduto nella strage nazista del 24 marzo 1944 che fece 335 vittime); il Gen. Vittorio Barbato, Commissario Generale per le Onoranze ai Caduti in guerra; il Cap. Francesco Sardone, Direttore del Mausoleo; la Signora Rosina Stame, Presidente nazionale dell’A.N.F.I.M. e il Rabbino Capo della Comunità Ebraica di Roma, prof. Riccardo Di Segni.
Deposto un cesto di fiori davanti alla lapide che ricorda l’eccidio, il Santo Padre attraversa le grotte e raggiunge l’interno del Sacrario, inginocchiandosi davanti alle tombe. Successivamente il Papa e il Rabbino Capo recitano una preghiera per i defunti.
Uscendo, il Santo Padre appone la sua firma al Libro dei visitatori e - prima di congedarsi alle ore 11 per far rientro in Vaticano - sul Piazzale antistante il Sacrario rivolge un saluto ai Familiari delle Vittime e a tutti i presenti. Ne riportiamo di seguito il testo:

PAROLE DEL SANTO PADRE

Cari fratelli e sorelle!

Molto volentieri ho accolto l’invito dell’“Associazione Nazionale tra le Famiglie Italiane dei Martiri caduti per la libertà della Patria” a compiere un pellegrinaggio a questo sacrario, caro a tutti gli italiani, particolarmente al popolo romano. Saluto il Cardinale Vicario, il Rabbino Capo, il Presidente dell’Associazione, il Commissario Generale, il Direttore del Mausoleo e, in modo speciale, i familiari delle vittime, come pure tutti i presenti.

Credo in Dio e nell’Italia / credo nella risurrezione / dei martiri e degli eroi / credo nella rinascita / della patria e nella / libertà del popolo”.

Queste parole sono state incise sulla parete di una cella di tortura, in Via Tasso, a Roma, durante l’occupazione nazista. Sono il testamento di una persona ignota, che in quella cella fu imprigionata, e dimostrano che lo spirito umano rimane libero anche nelle condizioni più dure. “Credo in Dio e nell’Italia”: questa espressione mi ha colpito anche perché quest’anno ricorre il 150° anniversario dell’unità d’Italia, ma soprattutto perché afferma il primato della fede, dalla quale attingere la fiducia e la speranza per l’Italia e per il suo futuro.

Ciò che qui è avvenuto il 24 marzo 1944 è offesa gravissima a Dio, perché è la violenza deliberata dell’uomo sull’uomo. E’ l’effetto più esecrabile della guerra, di ogni guerra, mentre Dio è vita, pace, comunione.

Come i miei Predecessori, sono venuto qui a pregare e a rinnovare la memoria. Sono venuto ad invocare la divina Misericordia, che sola può colmare i vuoti, le voragini aperte dagli uomini quando, spinti dalla cieca violenza, rinnegano la propria dignità di figli di Dio e fratelli tra loro. Anch’io, come Vescovo di Roma, città consacrata dal sangue dei martiri del Vangelo dell’Amore, vengo a rendere omaggio a questi fratelli, uccisi a poca distanza dalle antiche catacombe.

“Credo in Dio e nell’Italia”. In questo testamento inciso in un luogo di violenza e di morte, il legame tra la fede e l’amore della patria appare in tutta la sua purezza, senza alcuna retorica. Chi ha scritto quelle parole l’ha fatto solo per intima convinzione, come estrema testimonianza alla verità creduta, che rende regale l’animo umano anche nell’estremo abbassamento. Ogni uomo è chiamato a realizzare in questo modo la propria dignità: testimoniando quella verità che riconosce con la propria coscienza.

Un’altra testimonianza mi ha colpito, e questa fu ritrovata proprio nelle Fosse Ardeatine. Un foglio di carta su cui un caduto aveva scritto: “Dio mio grande Padre, noi ti preghiamo affinché tu possa proteggere gli ebrei dalle barbare persecuzioni. 1 Pater noster, 10 Ave Maria, 1 Gloria Patri”. In quel momento così tragico, così disumano, nel cuore di quella persona c’era l’invocazione più alta: “Dio mio grande Padre”.

Padre di tutti! Come sulle labbra di Gesù, morente sulla croce: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito”. In quel nome, “Padre”, c’è la garanzia sicura della speranza; la possibilità di un futuro diverso, libero dall’odio e dalla vendetta, un futuro di libertà e di fraternità, per Roma, l’Italia, l’Europa, il mondo. Sì, dovunque sia, in ogni continente, a qualunque popolo appartenga, l’uomo è figlio di quel Padre che è nei cieli, è fratello di tutti in umanità. Ma questo essere figlio e fratello non è scontato. Lo dimostrano purtroppo anche le Fosse Ardeatine.

Bisogna volerlo, bisogna dire sì al bene e no al male. Bisogna credere nel Dio dell’amore e della vita, e rigettare ogni altra falsa immagine divina, che tradisce il suo santo Nome e tradisce di conseguenza l’uomo, fatto a sua immagine.

Perciò, in questo luogo, doloroso memoriale del male più orrendo, la risposta più vera è quella di prendersi per mano, come fratelli, e dire: Padre nostro, noi crediamo in Te, e con la forza del tuo amore vogliamo camminare insieme, in pace, a Roma, in Italia, in Europa, nel mondo intero. Amen.

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sabato 26 marzo 2011

Il Papa: Occorre mettere in campo ogni sforzo perché la catena delle morti e degli incidenti venga spezzata. E che dire poi della precarietà del lavoro, soprattutto quando riguarda il mondo giovanile? E’ un aspetto che non manca di creare angoscia in tante famiglie!

Papa Ratzinger e il caschetto da operaio: foto di Tgcom

Vedi anche:

Il Papa: «La società è minata da disoccupazione e precariato» (Giansoldati)

Il Papa: un lavoro sicuro, dignitoso e stabile per tutti (Cardinale)

Il Papa: la precarietà del lavoro mette a rischio la società (Asca)

Il Papa: il consumismo rischia di rubarci il riposo domenicale. Benedetto ricorda il grande amore di Wojtyla per il mondo del lavoro (Izzo)

Il Papa e la passione per i cappelli: le foto :-)

Il Papa: sono temi urgenti la crisi, la disoccupazione e la sicurezza sul lavoro (Izzo)

Il Papa: no allo sfuttamento e alla precarietà del lavoro, spezzare la catena delle morti bianche (Sole 24 Ore)

Il Papa: E' importante tenere sempre presente che il lavoro è uno degli elementi fondamentali sia della persona umana, che della società

Il Papa: La "dignità specifica del lavoro umano" viene "spesso" violata quando il lavoro "viene visto solo come strumento di guadagno, se non addirittura, in diverse parti del mondo, come mezzo di sfruttamento" (Ansa)

Il Papa: «La catena delle morti sul lavoro va spezzata, disoccupazione mina la società» (Corriere)

Il Papa: E' necessario fare "ogni sforzo" per sconfiggere la piaga degli incidenti sul lavoro, "perchè la catena delle morti venga spezzata"

Il Papa incontra gli operai di Terni: sia assicurato un lavoro sicuro, dignitoso e stabile

Il Papa ai lavoratori di Terni: la Chiesa sostiene ogni sforzo per garantire un lavoro sicuro e dignitoso

Dal Papa appello contro precarietà e disoccupazione: Minano la società e il bene comune (Repubblica)

UDIENZA AI PARTECIPANTI AL PELLEGRINAGGIO DELLA DIOCESI DI TERNI-NARNI-AMELIA (ITALIA), 26.03.2011

Alle ore 12 di questa mattina, nell’Aula Paolo VI, il Santo Padre Benedetto XVI riceve in Udienza i partecipanti al Pellegrinaggio della diocesi di Terni-Narni-Amelia (Italia) nel 30° anniversario della visita del Papa Giovanni Paolo II alle Acciaierie della Città.
Pubblichiamo di seguito il discorso che il Santo Padre rivolge loro:

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Cari fratelli e sorelle,

sono molto lieto di accogliervi questa mattina e di rivolgere il mio cordiale saluto alle autorità presenti, alle lavoratrici e ai lavoratori e a voi tutti che siete venuti pellegrini alla sede di Pietro. Un saluto particolare al vostro Vescovo, Mons. Vincenzo Paglia, che ringrazio per le parole rivoltemi anche a nome vostro. Siete venuti numerosi a questo incontro - mi dispiace che alcuni non siano più potuti entrare -, cogliendo l’occasione del trentesimo anniversario della visita di Giovanni Paolo II a Terni. Oggi, vogliamo ricordarlo in maniera speciale per l’amore che mostrò per il mondo del lavoro; quasi lo sentiamo ripetere le prime parole che pronunciò appena giunto a Terni: "Scopo precipuo di questa visita, che si svolge nel giorno di San Giuseppe … è di portare una parola di incoraggiamento a tutti i lavoratori ed esprimere loro la mia solidarietà, la mia amicizia e il mio affetto" (Discorso alle autorità, Terni, 19 marzo 1981). Faccio miei questi sentimenti, e di cuore abbraccio tutti voi e le vostre famiglie. Nel giorno della mia elezione, mi sono presentato anch’io con convinzione come un "umile lavoratore nella vigna del Signore", ed oggi, assieme a voi, vorrei ricordare tutti i lavoratori e affidarli alla protezione di san Giuseppe lavoratore.

Terni è segnata dalla presenza di una delle più grandi fabbriche dell’acciaio, che ha contribuito alla crescita di una significativa realtà operaia. Un cammino segnato da luci, ma anche da momenti difficili, come quello che stiamo vivendo oggi. La crisi dell’assetto industriale sta mettendo a dura prova la vita della Città, che deve ripensare il suo futuro. In tutto questo viene coinvolta anche la vostra vita di lavoratori e quella delle vostre famiglie.

Nelle parole del vostro Vescovo ho sentito l’eco delle preoccupazioni che portate nel cuore. So che la Chiesa diocesana le fa sue e sente la responsabilità di esservi accanto per comunicarvi la speranza del Vangelo e la forza per edificare una società più giusta e più degna dell’uomo. E lo fa a partire dalla sorgente, dall’Eucaristia. Nella sua prima lettera pastorale, L’Eucaristia salva il mondo, il vostro Vescovo vi ha indicato quale è la sorgente da cui attingere e a cui tornare per vivere la gioia della fede e la passione per migliorare il mondo. L’Eucaristia della Domenica è diventata così il fulcro dell’azione pastorale della Diocesi. E’ una scelta che ha portato i suoi frutti; è cresciuta la partecipazione all’Eucarestia domenicale, dalla quale parte l’impegno della Diocesi per il cammino della vostra Terra. Dall’Eucaristia, infatti, in cui Cristo si rende presente nel suo atto supremo di amore per tutti noi, impariamo ad abitare da cristiani la società, per renderla più accogliente, più solidale, più attenta ai bisogni di tutti, particolarmente dei più deboli, più ricca di amore. Sant’Ignazio di Antiochia, vescovo e martire, definiva i cristiani coloro che "vivono secondo la Domenica" (iuxta dominicum viventes), ossia "secondo l’Eucaristia". Vivere in maniera "eucaristica" significa vivere come un unico Corpo, un’unica famiglia, una società compaginata dall’amore. L’esortazione ad essere "eucaristici" non è un semplice invito morale rivolto a singoli individui, ma è molto di più: è l’esortazione a partecipare al dinamismo stesso di Gesù che offre la sua vita per gli altri, perché tutti siano una cosa sola.

In questo orizzonte si colloca anche il tema del lavoro, che oggi vi preoccupa, con i suoi problemi, soprattutto quello della disoccupazione. E’ importante tenere sempre presente che il lavoro è uno degli elementi fondamentali sia della persona umana, che della società. Le difficili o precarie condizioni del lavoro rendono difficili e precarie le condizioni della società stessa, le condizioni di un vivere ordinato secondo le esigenze del bene comune. Nell’Enciclica Caritas in veritate - come ricordava Mons. Paglia - ho esortato a non lasciare di "perseguire quale priorità l’obiettivo dell’accesso al lavoro o del suo mantenimento, per tutti" (n. 32).

Vorrei ricordare anche il grave problema della sicurezza sul lavoro. So che più volte avete dovuto affrontare anche questa tragica realtà. Occorre mettere in campo ogni sforzo perché la catena delle morti e degli incidenti venga spezzata. E che dire poi della precarietà del lavoro, soprattutto quando riguarda il mondo giovanile? E’ un aspetto che non manca di creare angoscia in tante famiglie!

Il Vescovo accennava anche alla difficile situazione dell’industria chimica della vostra Città, come pure ai problemi nel settore siderurgico. Vi sono particolarmente vicino, mettendo nelle mani di Dio tutte le vostre ansie e preoccupazioni, e auspico che, nella logica della gratuità e della solidarietà, si possano superare questi momenti, affinché sia assicurato un lavoro sicuro, dignitoso e stabile.

Il lavoro, cari amici, aiuta ad essere più vicini a Dio e agli altri. Gesù stesso è stato lavoratore, anzi ha passato buona parte della sua vita terrena a Nazaret, nella bottega di Giuseppe. L’evangelista Matteo ricorda che la gente parlava di Gesù come del "figlio del falegname" (Mt 13,55) e Giovanni Paolo II a Terni parlò del "Vangelo del lavoro", affermando che era "scritto soprattutto dal fatto che il Figlio di Dio, diventando uomo, ha lavorato con le proprie mani. Anzi, il suo lavoro, che è stato un vero lavoro fisico, ha occupato la maggior parte della sua vita su questa terra, ed è così entrato nell’opera della redenzione dell’uomo e del mondo" (Discorso ai lavoratori, Terni, 19 marzo 1981). Già questo ci parla della dignità del lavoro, anzi della dignità specifica del lavoro umano che viene inserito nel mistero stesso della redenzione. E’ importante comprenderlo in questa prospettiva cristiana. Spesso, invece, viene visto solo come strumento di guadagno, se non addirittura, in varie situazioni nel mondo, come mezzo di sfruttamento e quindi di offesa alla stessa dignità della persona. Vorrei accennare pure al problema del lavoro nella Domenica. Purtroppo nelle nostre società il ritmo del consumo rischia di rubarci anche il senso della festa e della Domenica come giorno del Signore e della comunità.

Cari lavoratori e lavoratrici, cari amici tutti, vorrei terminare queste mie brevi parole dicendovi che la Chiesa sostiene, conforta, incoraggia ogni sforzo diretto a garantire a tutti un lavoro sicuro, dignitoso e stabile. Il Papa vi è vicino, è accanto alle vostre famiglie, ai vostri bambini, ai vostri giovani, ai vostri anziani e vi porta tutti nel cuore davanti a Dio. Il Signore benedica voi, il vostro lavoro e il vostro futuro. Grazie.

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venerdì 25 marzo 2011

Il Papa al Cortile dei Gentili: Spetta a voi, cari giovani, far sì che, nel vostro Paese e in Europa, credenti e non credenti ritrovino la via del dialogo. Le religioni non possono aver paura di una laicità giusta, di una laicità aperta che permette a ciascuno di vivere ciò che crede, secondo la propria coscienza. Se si tratta di costruire un mondo di libertà, di uguaglianza e di fraternità, credenti e non credenti devono sentirsi liberi di essere tali, eguali nei loro diritti a vivere la propria vita personale e comunitaria restando fedeli alla proprie convinzioni, e devono essere fratelli tra loro

IL CORTILE DEI GENTILI: LO SPECIALE DEL BLOG

MESSAGGIO DI PAPA BENEDETTO AL "CORTILE DEI GENTILI": VIDEO INTEGRALE

VIDEO-MESSAGGIO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI NELLA SERATA CONCLUSIVA DEL "CORTILE DEI GENTILI" A PARIGI (24-25 MARZO 2011), 25.03.2011

Si chiude questa sera a Parigi la due giorni sul tema Illuminismo, religione, ragione comune, primo evento ufficiale dell’iniziativa del Pontificio Consiglio della Cultura denominata "Cortile dei Gentili", una struttura permanente d’incontro e di dialogo fra credenti e non credenti.
La manifestazione conclusiva dell’inaugurazione del "Cortile dei Gentili" è dedicata ai giovani, e inizia alle ore 19.45 sul sagrato della Cattedrale di Notre-Dame de Paris.
Nel corso dell’evento dal titolo Sul sagrato dello Sconosciuto, che prevede momenti di musica, spettacolo, testimonianze, suoni e luci – e che si svolge contemporaneamente ad una veglia di preghiera animata dalla Comunità di Taizé all’interno della Cattedrale – viene trasmesso su schermi giganti un messaggio del Santo Padre Benedetto XVI, indirizzato in particolare ai giovani. Ne riportiamo di seguito il testo:

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE

Cari giovani, cari amici!

So che vi siete riuniti numerosi sul sagrato di Notre-Dame de Paris, su invito del Cardinale André Vingt-Trois, Arcivescovo di Parigi, e del Cardinale Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura. Vi saluto tutti, senza dimenticare i fratelli e gli amici della Comunità di Taizé. Sono grato al Pontificio Consiglio per aver ripreso e sviluppato il mio invito ad aprire, nella Chiesa, dei “Cortili dei gentili”, immagine che richiama quello spazio aperto sulla vasta spianata vicino al Tempio di Gerusalemme, che permetteva a tutti coloro che non condividevano la fede di Israele di avvicinarsi al Tempio e di interrogarsi sulla religione. In quel luogo, essi potevano incontrare degli scribi, parlare della fede ed anche pregare il Dio ignoto.

E se, all’epoca, il Cortile era allo stesso tempo un luogo di esclusione, poiché i “Gentili” non avevano il diritto di entrare nello spazio sacro, Cristo Gesù è venuto per “abbattere il muro di separazione che divideva” ebrei e gentili, “per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo, per mezzo della croce, eliminando in se stesso l’inimicizia. Egli è venuto ad annunziare pace …” (Ef 2, 14-17), come ci dice san Paolo.

Nel cuore della “Città delle Luci”, davanti a questo magnifico capolavoro della cultura religiosa francese, Notre-Dame di Paris, un grande spazio si apre per dare nuovo impulso all’incontro rispettoso ed amichevole tra persone di convinzioni diverse. Giovani, credenti e non credenti presenti questa sera, voi volete stare insieme, questa sera come nella vita di tutti i giorni, per incontrarvi e dialogare a partire dai grandi interrogativi dell’esistenza umana.

Al giorno d’oggi, molti riconoscono di non appartenere ad alcuna religione, ma desiderano un mondo nuovo e più libero, più giusto e più solidale, più pacifico e più felice. Nel rivolgermi a voi, prendo in considerazione tutto ciò che avete da dirvi: voi non credenti, volete interpellare i credenti, esigendo da loro, in particolare, la testimonianza di una vita che sia coerente con ciò che essi professano e rifiutando qualsiasi deviazione della religione che la renda disumana. Voi credenti, volete dire ai vostri amici che questo tesoro racchiuso in voi merita una condivisione, un’interrogativo, una riflessione. La questione di Dio non è un pericolo per la società, essa non mette in pericolo la vita umana! La questione di Dio non deve essere assente dai grandi interrogativi del nostro tempo.

Cari amici, siete chiamati a costruire dei ponti tra voi. Sappiate cogliere l’opportunità che vi si presenta per trovare, nel profondo delle vostre coscienze, in una riflessione solida e ragionata, le vie di un dialogo precursore e profondo. Avete tanto da dirvi gli uni agli altri. Non chiudete la vostra coscienza di fronte alle sfide e ai problemi che avete davanti.

Credo profondamente che l’incontro tra la realtà della fede e quella della ragione permetta all’uomo di trovare se stesso. Ma troppo spesso la ragione si piega alla pressione degli interessi e all’attrattiva dell’utilità, costretta a riconoscere quest’ultima come criterio ultimo. La ricerca della verità non è facile. E se ciascuno è chiamato a decidersi, con coraggio, a favore della verità, è perché non esistono scorciatoie verso la felicità e la bellezza di una vita compiuta. Gesù lo dice nel Vangelo: “La verità vi renderà liberi”.

Spetta a voi, cari giovani, far sì che, nel vostro Paese e in Europa, credenti e non credenti ritrovino la via del dialogo. Le religioni non possono aver paura di una laicità giusta, di una laicità aperta che permette a ciascuno di vivere ciò che crede, secondo la propria coscienza. Se si tratta di costruire un mondo di libertà, di uguaglianza e di fraternità, credenti e non credenti devono sentirsi liberi di essere tali, eguali nei loro diritti a vivere la propria vita personale e comunitaria restando fedeli alla proprie convinzioni, e devono essere fratelli tra loro.

Una delle ragion d’essere di questo Cortile dei Gentili è quella di operare a favore di questa fraternità al di là delle convinzioni, ma senza negarne le differenze. E, ancor più profondamente, riconoscendo che solo Dio, in Cristo, ci libera interiormente e ci dona la possibilità di incontrarci davvero come fratelli.

Il primo degli atteggiamenti da assumere o delle azioni che potete compiere insieme è rispettare, aiutare ed amare ogni essere umano, poiché esso è una creatura di Dio e in un certo modo la strada che conduce a Lui. Portando avanti ciò che vivete questa sera, contribuite ad abbattere le barriere della paura dell’altro, dello straniero, di colui che non vi assomiglia, paura che spesso nasce dall’ignoranza reciproca, dallo scetticismo o dall’indifferenza. Siate attenti a rafforzare i legami con tutti i giovani senza distinzioni, vale a dire non dimenticando coloro che vivono in povertà o in solitudine, coloro che soffrono per la disoccupazione, che attraversano la malattia o che si sentono ai margini della società.

Cari giovani, non è solo la vostra esperienza di vita che potete condividere, ma anche il vostro modo di avvicinarvi alla preghiera. Credenti e non credenti, presenti su questo sagrato dell’Ignoto, siete invitati ad entrare anche all’interno dello spazio sacro, a varcare il magnifico portale di Notre-Dame e ad entrare nella cattedrale per un momento di preghiera.
Per alcuni di voi, questa preghiera sarà una preghiera ad un Dio conosciuto nella fede, ma per gli altri essa potrà essere anche una preghiera al Dio Ignoto. Cari giovani non credenti, unendovi a coloro che stanno pregando all’interno di Notre-Dame, in questo giorno dell’Annunciazione del Signore, aprite i vostri cuori ai testi sacri, lasciatevi interpellare dalla bellezza dei canti e, se lo volete davvero, lasciate che i sentimenti racchiusi in voi si elevino verso il Dio Ignoto.

Sono lieto di aver potuto rivolgermi a voi questa sera per questo momento inaugurale del Cortile dei Gentili. Spero che vorrete rispondere ad altri appuntamenti che ho fissato, in particolare alla Giornata Mondiale della Gioventù, quest’estate, a Madrid. Il Dio che i credenti imparano a conoscere vi invita a scoprirLo e vivere di Lui sempre più. Non abbiate paura! Sulla strada che percorrete insieme verso un mondo nuovo, siate cercatori dell’Assoluto e cercatori di Dio, anche voi per i quali Dio è il Dio Ignoto.

E che Colui che ama tutti e ciascuno di voi vi benedica e vi protegga. Egli conta su di voi per prendersi cura degli altri e dell’avvenire, e voi potete contare su di Lui!

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Il Papa: Il deposito di fede tramandato dagli Apostoli e trasmesso fedelmente fino ai nostri giorni è un dono prezioso del Signore

VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM" DEGLI ECC.MI PRESULI DELLA CHIESA SIRO-MALANKARESE DELL’INDIA, 25.03.2011

Alle ore 11.30 di questa mattina il Santo Padre Benedetto XVI incontra il gruppo di Vescovi della Chiesa Siro-Malankarese, ricevuti in questi giorni, in separate udienze, in occasione della Visita "ad Limina Apostolorum".
Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa rivolge loro:


DISCORSO DEL SANTO PADRE

Cari Fratelli Vescovi,

porgo il benvenuto a tutti voi oggi, in occasione del vostro pellegrinaggio ad limina Apostolorum. Ringrazio Sua Beatitudine Baselios Cleemis per i sentimenti devoti che mi ha espresso a nome vostro. Attraverso di voi, saluto tutti i sacerdoti, i religiosi e i fedeli laici delle vostre eparchie e desidero assicurarli delle mie preghiere per il loro benessere spirituale e materiale. Questo tempo insieme è un'occasione privilegiata per approfondire i vincoli di fraternità e di comunione fra la Sede di Pietro e la Chiesa siro-malankarese, opportunamente elevata a Chiesa Arcivescovile Maggiore dal venerabile Giovanni Paolo II nel 2005.

Le tradizioni apostoliche che mantenete godono della piena fecondità spirituale quando vengono vissute in unione con la Chiesa universale. In questo senso, seguite giustamente le orme del Servo di Dio Mar Ivanios, che ha condotto i vostri predecessori e i loro fedeli alla piena comunione con la Chiesa cattolica. Come i vostri predecessori, anche voi siete chiamati, in seno all'unica famiglia di Dio, a proseguire in salda fedeltà ciò che vi è stato trasmesso. Tutti i Vescovi cattolici condividono una sollecitudine profonda per la fedeltà a Gesù Cristo e desiderano quell'unità che egli ha voluto per suoi discepoli (cfr. Gv 17, 11), pur conservando la loro legittima diversità. «È infatti intenzione della Chiesa cattolica che rimangano salve e integre le tradizioni di ogni Chiesa o rito particolare; parimenti essa vuole adattare il suo tenore di vita alle varie necessità dei tempi e dei luoghi» (Orientalium ecclesiarum, n. 2). Ogni generazione deve affrontare le sfide poste alla Chiesa secondo le proprie capacità e in armonia con il resto del Corpo Mistico di Cristo. Vi incoraggio, dunque, a promuovere fra i vostri sacerdoti e fedeli l'affetto per l'eredità liturgica e spirituale che vi è stata trasmessa, basandovi costantemente sulla comunione con la Sede di Pietro.

Il deposito di fede tramandato dagli Apostoli e trasmesso fedelmente fino ai nostri giorni è un dono prezioso del Signore. È quel messaggio di salvezza che è stato rivelato nella persona di Gesù, il cui Spirito unisce credenti di ogni tempo e luogo, offrendoci la comunione con il Padre e con suo Figlio affinché la nostra gioia possa essere completa (cfr. 1 Gv 1, 1-4). Voi e i vostri sacerdoti siete chiamati a promuovere questa comunione attraverso la parola e il sacramento e a rafforzarla con una salda catechesi cosicché la Parola di Vita, Gesù Cristo, e il dono della vita divina, la comunione con Lui, possano essere conosciute in tutto il mondo (cfr. Verbum Domini, 2). Per le sue radici antiche e per la sua storia particolare, il cristianesimo in India apporta da tempo il suo contributo alla cultura e alla società e alle espressioni religiose e spirituali. È attraverso la determinazione a vivere il Vangelo, «potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede» (Rm 1, 16) che quanti servite daranno un contributo ancor più efficace a tutto il Corpo di Cristo e alla società indiana, a beneficio di tutti. Che il vostro popolo continui a prosperare mediante la predicazione della parola di Dio e la promozione di una comunione basata sull'amore di Dio.

Osservo le sfide particolari che molte delle vostre parrocchie devono affrontare nell'offrire un'appropriata sollecitudine pastorale e un sostegno reciproco, in particolare quando non è sempre disponibile un parroco. Tuttavia, le parrocchie più piccole, ricordando la realtà sociale che i cristiani affrontano nel contesto culturale più ampio, hanno a loro volta opportunità per una edificazione e un'assistenza autenticamente fraterne. Come sapete, le piccole comunità cristiane spesso hanno reso una testimonianza eccezionale nella storia della Chiesa. Proprio come nei tempi apostolici, la Chiesa nella nostra epoca prospererà sicuramente alla presenza del Cristo vivente, che ha promesso di essere con noi sempre (cfr. Mt 28, 20) e di sostenerci (cfr. 1 Cor 1, 8). È la presenza divina che deve restare al centro della vita, della fede e della testimonianza dei vostri fedeli e sulla quale voi, loro pastori, siete chiamati a vegliare affinché, anche se dovessero vivere fuori dalla comunità, non vivranno però lontani da Cristo. Infatti, è importante ricordare che le comunità cristiane sono «ambito proprio in cui percorrere un itinerario personale e comunitario nei confronti della Parola di Dio, così che questa sia veramente a fondamento della vita spirituale» (Verbum Domini, 72).

Uno dei modi in cui svolgete il vostro ruolo di maestri della fede nella comunità cristiana è costituito dai programmi di formazione catechetica e religiosa sotto la vostra direzione. Poiché «questo insegnamento è basato sulla sacra Scrittura, sulla tradizione, sulla liturgia, sul magistero e sulla vita della Chiesa» (cfr. Christus Dominus, 14), sono lieto di osservare la varietà e il numero di programmi che impiegate attualmente. Insieme con la celebrazione dei sacramenti, questi programmi contribuiranno a garantire che quanti sono affidati alla vostra sollecitudine saranno sempre in grado di dare conto della loro speranza che è in Cristo. Infatti, la catechesi e lo sviluppo spirituale sono fra le sfide più importanti che i Pastori di anime affrontano, e così vi incoraggio con affetto a perseverare lungo il cammino che avete scelto, mentre cercate di istillare nel vostro popolo una conoscenza e un amore più profondi della fede, aiutati dalla grazia di Dio e dalla vostra umile fiducia nella sua provvidenza.

Con questi pensieri, vi rinnovo i miei sentimenti di affetto fraterno e di stima. Invocando l'intercessione di san Tommaso Apostolo, grande patrono dell'India, vi assicuro delle mie preghiere e imparto volentieri a voi e a quanti sono affidati alla vostra sollecitudine la mia Benedizione Apostolica, quale pegno di grazia e di pace nel Signore Gesù Cristo.

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Il Papa: In fondo, confessare significa assistere a tante "professiones fidei" quanti sono i penitenti, e contemplare l’azione di Dio misericordioso nella storia, toccare con mano gli effetti salvifici della Croce e della Risurrezione di Cristo, in ogni tempo e per ogni uomo

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Il Papa: Nel nostro tempo caratterizzato dal rumore, dalla distrazione e dalla solitudine il colloquio del penitente con il confessore può rappresentare una delle poche, se non l'unica occasione per essere ascoltati davvero e in profondità

Il Papa ed il "valore pedagogico della confessione" (Sir)

Il Papa: Quanto può imparare poi il sacerdote da penitenti esemplari per la loro vita spirituale, per la serietà con cui conducono l'esame di coscienza

UDIENZA AI PARTECIPANTI AL CORSO SUL FORO INTERNO PROMOSSO DALLA PENITENZIERIA APOSTOLICA, 25.03.2011

Alle ore 12 di questa mattina, nell’Aula delle Benedizioni, il Santo Padre Benedetto XVI riceve in Udienza i partecipanti al Corso sul Foro Interno, promosso dalla Penitenzieria Apostolica, e rivolge loro il discorso che riportiamo di seguito:

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Cari amici,

sono molto lieto di rivolgere a ciascuno di voi il più cordiale benvenuto. Saluto il Cardinale Fortunato Baldelli, Penitenziere Maggiore, e lo ringrazio per le cortesi parole che mi ha indirizzato. Saluto il Reggente della Penitenzieria, Mons. Gianfranco Girotti, il personale, i collaboratori e tutti i partecipanti al Corso sul Foro Interno, che è diventato ormai un appuntamento tradizionale e un’importante occasione per approfondire i temi riguardanti il Sacramento della Penitenza.

Desidero soffermarmi con voi su un aspetto talora non sufficientemente considerato, ma di grande rilevanza spirituale e pastorale: il valore pedagogico della Confessione sacramentale. Se è vero che è sempre necessario salvaguardare l’oggettività degli effetti del Sacramento e la sua corretta celebrazione secondo le norme del Rito della Penitenza, non è fuori luogo riflettere su quanto esso possa educare la fede, sia del ministro, sia del penitente.

La fedele e generosa disponibilità dei sacerdoti all’ascolto delle confessioni, sull’esempio dei grandi Santi della storia, da san Giovanni Maria Vianney a san Giovanni Bosco, da san Josemaría Escrivá a san Pio da Pietrelcina, da san Giuseppe Cafasso a san Leopoldo Mandić, indica a tutti noi come il confessionale possa essere un reale "luogo" di santificazione.

In che modo il Sacramento della Penitenza educa? In quale senso la sua celebrazione ha un valore pedagogico, innanzitutto per i ministri? Potremmo partire dal riconoscere che la missione sacerdotale costituisce un punto di osservazione unico e privilegiato, dal quale, quotidianamente, è dato di contemplare lo splendore della Misericordia divina. Quante volte nella celebrazione del Sacramento della Penitenza, il sacerdote assiste a veri e propri miracoli di conversione, che, rinnovando l’"incontro con un avvenimento, una Persona" (Lett. enc. Deus caritas est, 1), rafforzano la sua stessa fede.

In fondo, confessare significa assistere a tante "professiones fidei" quanti sono i penitenti, e contemplare l’azione di Dio misericordioso nella storia, toccare con mano gli effetti salvifici della Croce e della Risurrezione di Cristo, in ogni tempo e per ogni uomo.

Non raramente siamo posti davanti a veri e propri drammi esistenziali e spirituali, che non trovano risposta nelle parole degli uomini, ma sono abbracciati ed assunti dall’Amore divino, che perdona e trasforma: "Anche se i vostri peccati fossero come scarlatto, diventeranno bianchi come la neve" (Is 1,18). Conoscere e, in certo modo, visitare l’abisso del cuore umano, anche negli aspetti oscuri, se da un lato mette alla prova l’umanità e la fede dello stesso sacerdote, dall’altro alimenta in lui la certezza che l’ultima parola sul male dell’uomo e della storia è di Dio, è della sua Misericordia, capace di far nuove tutte le cose (cfr Ap 21,5). Quanto può imparare poi il sacerdote da penitenti esemplari per la loro vita spirituale, per la serietà con cui conducono l’esame di coscienza, per la trasparenza nel riconoscere il proprio peccato e per la docilità verso l’insegnamento della Chiesa e le indicazioni del confessore.

Dall’amministrazione del Sacramento della Penitenza possiamo ricevere profonde lezioni di umiltà e di fede! E’ un richiamo molto forte per ciascun sacerdote alla coscienza della propria identità. Mai, unicamente in forza della nostra umanità, potremmo ascoltare le confessioni dei fratelli! Se essi si accostano a noi, è solo perché siamo sacerdoti, configurati a Cristo Sommo ed Eterno Sacerdote, e resi capaci di agire nel suo Nome e nella sua Persona, di rendere realmente presente Dio che perdona, rinnova e trasforma.

La celebrazione del Sacramento della Penitenza ha un valore pedagogico per il sacerdote, in ordine alla sua fede, alla verità e povertà della sua persona, e alimenta in lui la consapevolezza dell’identità sacramentale.

Qual è il valore pedagogico del Sacramento della Penitenza per i penitenti? Dobbiamo premettere che esso dipende, innanzitutto, dall’azione della Grazia e dagli effetti oggettivi del Sacramento nell’anima del fedele.

Certamente la Riconciliazione sacramentale è uno dei momenti nei quali la libertà personale e la consapevolezza di sé sono chiamate ad esprimersi in modo particolarmente evidente. È forse anche per questo che, in un’epoca di relativismo e di conseguente attenuata consapevolezza del proprio essere, risulta indebolita anche la pratica sacramentale. L’esame di coscienza ha un importante valore pedagogico: esso educa a guardare con sincerità alla propria esistenza, a confrontarla con la verità del Vangelo e a valutarla con parametri non soltanto umani, ma mutuati dalla divina Rivelazione. Il confronto con i Comandamenti, con le Beatitudini e, soprattutto, con il Precetto dell’amore, costituisce la prima grande "scuola penitenziale".

Nel nostro tempo caratterizzato dal rumore, dalla distrazione e dalla solitudine, il colloquio del penitente con il confessore può rappresentare una delle poche, se non l’unica occasione per essere ascoltati davvero e in profondità.

Cari sacerdoti, non trascurate di dare opportuno spazio all’esercizio del ministero della Penitenza nel confessionale: essere accolti ed ascoltati costituisce anche un segno umano dell’accoglienza e della bontà di Dio verso i suoi figli. L’integra confessione dei peccati, poi, educa il penitente all’umiltà, al riconoscimento della propria fragilità e, nel contempo, alla consapevolezza della necessità del perdono di Dio e alla fiducia che la Grazia divina può trasformare la vita. Allo stesso modo, l’ascolto delle ammonizioni e dei consigli del confessore è importante per il giudizio sugli atti, per il cammino spirituale e per la guarigione interiore del penitente.

Non dimentichiamo quante conversioni e quante esistenze realmente sante sono iniziate in un confessionale! L’accoglienza della penitenza e l’ascolto delle parole "Io ti assolvo dai tuoi peccati" rappresentano, infine, una vera scuola di amore e di speranza, che guida alla piena confidenza nel Dio Amore rivelato in Gesù Cristo, alla responsabilità e all’impegno della continua conversione.

Cari sacerdoti, sperimentare noi per primi la Misericordia divina ed esserne umili strumenti, ci educhi ad una sempre più fedele celebrazione del Sacramento della Penitenza e ad una profonda gratitudine verso Dio, che "ha affidato a noi il ministero della riconciliazione" (1Cor 5,18), Alla Beata Vergine Maria, Mater misericordiae e Refugium peccatorum, affido i frutti del vostro Corso sul Foro interno e il ministero di tutti i Confessori, mentre con grande affetto vi benedico.

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mercoledì 23 marzo 2011

Il Papa: Anche oggi la nuova evangelizzazione ha bisogno di apostoli ben preparati, zelanti e coraggiosi, perché la luce e la bellezza del Vangelo prevalgano sugli orientamenti culturali del relativismo etico e dell’indifferenza religiosa, e trasformino i vari modi di pensare e di agire in un autentico umanesimo cristiano

CICLO DI CATECHESI SUI DOTTORI DELLA CHIESA

UDIENZA GENERALE: VIDEO INTEGRALE

CATECHESI DEL SANTO PADRE: AUDIO INTEGRALE DI RADIO VATICANA

Vedi anche:

Il Papa: «Il mondo ha bisogno di uomini di pace» (Massimo Introvigne)

Il Papa: «Tutti coloro che credono in Dio devono essere sempre sorgenti e operatori di pace» (Gasparroni)

Dal Papa i nativi del Manitoba (O.R.)

Il Cero Pasquale donato ieri al Papa arriva da Celle Enemondo

Il Papa: Anche oggi la nuova evangelizzazione ha bisogno di apostoli ben preparati, zelanti e coraggiosi

Il Papa: "Dio ci ascolta veramente, ci ascolta anche se preghiamo con la mente, ci ascolta se preghiamo con il cuore" (Izzo)

Benedetto XVI all'udienza generale: il mondo ha bisogno di pace, i credenti siano pacificatori (Radio Vaticana)

Il Papa: il mondo ha bisogno di pace, i credenti siano uomini di pace (AsiaNews)

Il Papa: Oggi il mondo ha tanto bisogno di pace, ha bisogno di uomini e donne pacifici e pacificatori

Il Papa: Oggi, come ai tempi di san Lorenzo, il mondo ha tanto bisogno di pace, ha bisogno di uomini e donne pacifici e pacificatori

L’UDIENZA GENERALE, 23.03.2011

L’Udienza Generale di questa mattina si è svolta alle ore 10.30 in Piazza San Pietro, dove il Santo Padre ha incontrato gruppi di fedeli e pellegrini provenienti dall’Italia e da ogni parte del mondo.
Nel discorso in lingua italiana, il Papa - riprendendo il ciclo di catechesi sui Dottori della Chiesa - ha incentrato la sua meditazione sulla figura di San Lorenzo da Brindisi (1559-1619).
Dopo aver riassunto la Sua catechesi in diverse lingue, il Santo Padre Benedetto XVI ha rivolto particolari espressioni di saluto ai gruppi di fedeli presenti.
L’Udienza Generale si è conclusa con il canto del Pater Noster e la Benedizione Apostolica.


CATECHESI DEL SANTO PADRE IN LINGUA ITALIANA

San Lorenzo da Brindisi

Cari fratelli e sorelle,

ricordo ancora con gioia l’accoglienza festosa che mi fu riservata nel 2008 a Brindisi, la città che nel 1559 diede i natali a un insigne Dottore della Chiesa, san Lorenzo da Brindisi, nome che Giulio Cesare Rossi assunse entrando nell’Ordine dei Cappuccini. Sin dalla fanciullezza fu attratto dalla famiglia di san Francesco d’Assisi. Infatti, orfano di padre a sette anni, fu affidato dalla madre alle cure dei frati Conventuali della sua città. Qualche anno dopo, però, si trasferì con la madre a Venezia, e proprio nel Veneto conobbe i Cappuccini, che in quel periodo si erano messi generosamente a servizio della Chiesa intera, per incrementare la grande riforma spirituale promossa dal Concilio di Trento. Nel 1575 Lorenzo, con la professione religiosa, divenne frate cappuccino, e nel 1582 fu ordinato sacerdote. Già durante gli studi ecclesiastici mostrò le eminenti qualità intellettuali di cui era dotato.

Apprese facilmente le lingue antiche, quali il greco, l’ebraico e il siriaco, e quelle moderne, come il francese e il tedesco, che si aggiungevano alla conoscenza della lingua italiana e di quella latina, un tempo fluentemente parlata da tutti gli ecclesiastici e gli uomini di cultura.

Grazie alla padronanza di tanti idiomi, Lorenzo poté svolgere un intenso apostolato presso diverse categorie di persone. Predicatore efficace, conosceva in modo così profondo non solo la Bibbia, ma anche la letteratura rabbinica, che gli stessi Rabbini rimanevano stupiti e ammirati, manifestandogli stima e rispetto.

Teologo versato nella Sacra Scrittura e nei Padri della Chiesa, era in grado di illustrare in modo esemplare la dottrina cattolica anche ai cristiani che, soprattutto in Germania, avevano aderito alla Riforma. Con la sua esposizione chiara e pacata egli mostrava il fondamento biblico e patristico di tutti gli articoli di fede messi in discussione da Martin Lutero.

Tra di essi, il primato di san Pietro e dei suoi successori, l’origine divina dell’Episcopato, la giustificazione come trasformazione interiore dell’uomo, la necessità delle opere buone per la salvezza. Il successo di cui Lorenzo godette ci aiuta a comprendere che anche oggi, nel portare avanti con tanta speranza ed entusiasmo il dialogo ecumenico, il confronto con la Sacra Scrittura, letta nella Tradizione della Chiesa, costituisce un elemento irrinunciabile e di fondamentale importanza, come ho voluto ricordare nell’Esortazione Apostolica Verbum Domini (n. 46).

Anche i fedeli più semplici, non dotati di grande cultura, furono beneficati dalla parola convincente di Lorenzo, che si rivolgeva alla gente umile per richiamare tutti alla coerenza della propria vita con la fede professata. Questo è stato un grande merito dei Cappuccini e di altri Ordini religiosi, che, nei secoli XVI e XVII, contribuirono al rinnovamento della vita cristiana penetrando in profondità nella società con la loro testimonianza di vita e il loro insegnamento.

Anche oggi la nuova evangelizzazione ha bisogno di apostoli ben preparati, zelanti e coraggiosi, perché la luce e la bellezza del Vangelo prevalgano sugli orientamenti culturali del relativismo etico e dell’indifferenza religiosa, e trasformino i vari modi di pensare e di agire in un autentico umanesimo cristiano.

È sorprendente che san Lorenzo da Brindisi abbia potuto svolgere ininterrottamente questa attività di apprezzato e infaticabile predicatore in molte città dell’Italia e in diversi Paesi, nonostante ricoprisse altri incarichi gravosi e di grande responsabilità. All’interno dell’Ordine dei Cappuccini, infatti, fu professore di teologia, maestro dei novizi, più volte ministro provinciale e definitore generale, e infine ministro generale dal 1602 al 1605.

In mezzo a tanti lavori, Lorenzo coltivò una vita spirituale di eccezionale fervore, dedicando molto tempo alla preghiera e in modo speciale alla celebrazione della Santa Messa, che protraeva spesso per ore, compreso e commosso nel memoriale della Passione, Morte e Risurrezione del Signore. Alla scuola dei santi, ogni presbitero, come spesso è stato sottolineato durante il recente Anno Sacerdotale, può evitare il pericolo dell’attivismo, di agire cioè dimenticando le motivazioni profonde del ministero, solamente se si prende cura della propria vita interiore. Parlando ai sacerdoti e ai seminaristi nella cattedrale di Brindisi, la città natale di san Lorenzo, ho ricordato che “il momento della preghiera è il più importante nella vita del sacerdote, quello in cui agisce con più efficacia la grazia divina, dando fecondità al suo ministero. Pregare è il primo servizio da rendere alla comunità. E perciò i momenti di preghiera devono avere nella nostra vita una vera priorità... Se non siamo interiormente in comunione con Dio, non possiamo dare niente neppure agli altri. Perciò Dio è la prima priorità. Dobbiamo sempre riservare il tempo necessario per essere in comunione di preghiera con nostro Signore”. Del resto, con l’ardore inconfondibile del suo stile, Lorenzo esorta tutti, e non solo i sacerdoti, a coltivare la vita di preghiera perché per mezzo di essa noi parliamo a Dio e Dio parla a noi: “Oh, se considerassimo questa realtà! - esclama - Cioè che Dio è davvero presente a noi quando gli parliamo pregando; che ascolta veramente la nostra orazione, anche se noi soltanto preghiamo con il cuore e la mente. E che non solo è presente e ci ascolta, anzi può e desidera accondiscendere volentieri e con massimo piacere alle nostre domande”.

Un altro tratto che caratterizza l’opera di questo figlio di san Francesco è la sua azione per la pace. Sia i Sommi Pontefici sia i principi cattolici gli affidarono ripetutamente importanti missioni diplomatiche per dirimere controversie e favorire la concordia tra gli Stati europei, minacciati in quel tempo dall’Impero ottomano. L’autorevolezza morale di cui godeva lo rendeva consigliere ricercato e ascoltato. Oggi, come ai tempi di san Lorenzo, il mondo ha tanto bisogno di pace, ha bisogno di uomini e donne pacifici e pacificatori. Tutti coloro che credono in Dio devono essere sempre sorgenti e operatori di pace. Fu proprio in occasione di una di queste missioni diplomatiche che Lorenzo concluse la sua vita terrena, nel 1619 a Lisbona, dove si era recato presso il re di Spagna, Filippo III, per perorare la causa dei sudditi napoletani vessati dalle autorità locali.

Fu canonizzato nel 1881 e, a motivo della sua vigorosa e intensa attività, della sua scienza vasta e armoniosa, meritò il titolo di Doctor apostolicus, “Dottore apostolico”, da parte del Beato Papa Giovanni XXIII nel 1959, in occasione del quarto centenario della sua nascita. Tale riconoscimento fu accordato a Lorenzo da Brindisi anche perché egli fu autore di numerose opere di esegesi biblica, di teologia e di scritti destinati alla predicazione. In esse egli offre una presentazione organica della storia della salvezza, incentrata sul mistero dell’Incarnazione, la più grande manifestazione dell’amore divino per gli uomini. Inoltre, essendo un mariologo di grande valore, autore di una raccolta di sermoni sulla Madonna intitolata “Mariale”, egli mette in evidenza il ruolo unico della Vergine Maria, di cui afferma con chiarezza l’Immacolata Concezione e la cooperazione all’opera della redenzione compiuta da Cristo.

Con fine sensibilità teologica, Lorenzo da Brindisi ha pure evidenziato l’azione dello Spirito Santo nell’esistenza del credente. Egli ci ricorda che con i suoi doni la Terza Persona della Santissima Trinità illumina e aiuta il nostro impegno a vivere gioiosamente il messaggio del Vangelo. “Lo Spirito Santo – scrive san Lorenzo – rende dolce il giogo della legge divina e leggero il suo peso, affinché osserviamo i comandamenti di Dio con grandissima facilità, persino con piacevolezza”.

Vorrei completare questa breve presentazione della vita e della dottrina di san Lorenzo da Brindisi sottolineando che tutta la sua attività è stata ispirata da un grande amore per la Sacra Scrittura, che sapeva ampiamente a memoria, e dalla convinzione che l’ascolto e l’accoglienza della Parola di Dio produce una trasformazione interiore che ci conduce alla santità. “La Parola del Signore – egli afferma – è luce per l’intelletto e fuoco per la volontà, perché l’uomo possa conoscere e amare Dio. Per l’uomo interiore, che per mezzo della grazia vive dello Spirito di Dio, è pane e acqua, ma pane più dolce del miele e acqua migliore del vino e del latte... È un maglio contro un cuore duramente ostinato nei vizi. È una spada contro la carne, il mondo e il demonio, per distruggere ogni peccato”. San Lorenzo da Brindisi ci insegna ad amare la Sacra Scrittura, a crescere nella familiarità con essa, a coltivare quotidianamente il rapporto di amicizia con il Signore nella preghiera, perché ogni nostra azione, ogni nostra attività abbia in Lui il suo inizio e il suo compimento. E’ questa la fonte da cui attingere affinché la nostra testimonianza cristiana sia luminosa e sia capace di condurre gli uomini del nostro tempo a Dio.

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