mercoledì 30 giugno 2010

Lettera di Benedetto XVI al cardinale Tarcisio Bertone in occasione del cinquantesimo di ordinazione sacerdotale


Lettera di Benedetto XVI al cardinale Tarcisio Bertone

Un aiuto vicino per la famiglia di Dio

Stima e gratitudine per il servizio svolto come suo più "vicino collaboratore" sono stati espressi da Benedetto XVI al cardinale Tarcisio Bertone in occasione del cinquantesimo di ordinazione sacerdotale, che ricorre il 1 luglio. Per l'occasione Benedetto XVI ha inviato al porporato, segretario di Stato e camerlengo di Santa Romana Chiesa, la seguente lettera.

Di seguito una traduzione italiana del testo della lettera di Benedetto XVI al cardinale Bertone.

Al Venerato Fratello Nostro
Tarcisio Cardinale Bertone s.d.b.
Segretario di Stato e Camerlengo di Santa Romana Chiesa


Dal momento che vi è tra Noi una reciproca ed assidua familiarità, che deriva dal fatto di trovarCi quasi quotidianamente insieme, è degno e giusto rivolgere di persona le espressioni augurali del Nostro animo a Te che compi il cinquantesimo anno di ordinazione presbiterale. Tuttavia oltre questo compito, a Noi molto gradito, attraverso questa Nostra lettera Ti vogliamo comunicare il Nostro pensiero, affinché la Nostra considerazione nei Tuoi confronti risulti più manifesta.
Mentre attraversiamo tempi difficili, riteniamo che Tu rivolga la mente a cose più liete del passato, quando per l'imposizione delle mani del venerato fratello Albino Mensa, fosti promosso all'ordine sacro, circondato da familiari e confratelli. Né Ci sfugge quanto in seguito, ben perfezionato nelle materie giuridiche, Ti dedicasTi ad educare e guidare con l'insegnamento e gli scritti i giovani, sia all'interno che all'esterno della Tua famiglia salesiana.
Nessuno stupore, dunque, che Tu abbia avuto un'importante posizione e stima presso il Nostro Predecessore, il Venerabile Servo di Dio Giovanni Paolo II, che Ti volle Arcivescovo di Vercelli ed ivi fedele annunciatore dei benefici divini. Per volere dello stesso Pontefice in seguito iniziasTi poi a svolgere l'incarico di Segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede, stabilendo con Noi una felice familiarità nel comune lavoro.
Anche nella Chiesa di Genova, alla quale dedicasTi il Tuo zelo e le Tue fatiche apostoliche, si riscontrano in più parti le testimonianze del Tuo ministero pastorale, da cui riconosciamo il giovamento che venne a quella comunità ecclesiale e dove conseguisTi un titolo maggiormente illustre mediante la Tua aggregazione al Collegio dei Padri Cardinali.
Richiamando alla memoria tempi più recenti, Ti abbiamo voluto vicino collaboratore, scegliendoTi quale Segretario di Stato, con cui condividere decisioni e compiti. Senza dubbio Ti stai prodigando con grande impegno e perizia ad essere partecipe dei Nostri progetti pastorali riguardo alla Chiesa universale, e delle Nostre iniziative rivolte al mondo intero, perché la famiglia di Dio si rafforzi ed il mondo diventi più armonioso.
Perciò mentre Ci rallegriamo di cuore per il ricordo del lieto inizio del Tuo sacerdozio, esprimiamo questi sentimenti di stima e le affettuose Nostre congratulazioni, mentre, per intercessione della Beata Vergine Maria Ausiliatrice e di S. Giovanni Bosco, imploriamo abbondante la ricompensa del Divino Maestro. Infine a Te, Nostro Venerato Fratello, impartiamo con fraterno affetto l'Apostolica Benedizione, destinata copiosamente anche a tutti coloro ai quali Ti congiungono vincoli di parentela e di lavoro.

Dal Vaticano, 1° giugno dell'anno 2010, sesto del Nostro Pontificato.

BENEDETTO XVI

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(©L'Osservatore Romano - 30 giugno-1 luglio 2010)

Il Papa: Tre erano le virtù principali del Cafasso docente, come ricorda san Giovanni Bosco: calma, accortezza e prudenza


ANNO SACERDOTALE (19 GIUGNO 2009-19 GIUGNO 2010): LO SPECIALE DEL BLOG

OMELIE, DISCORSI, MESSAGGI E TESTI DEL SANTO PADRE SUI SACERDOTI E L'ANNO SACERDOTALE

UDIENZA GENERALE: IL VIDEO SU BENEDICT XVI.TV

CATECHESI DEL SANTO PADRE: AUDIO INTEGRALE DI RADIO VATICANA

Vedi anche:

Il Papa: l’Anno sacerdotale ha portato e porterà “frutti preziosi” (AsiaNews)

L’UDIENZA GENERALE, 30.06.2010

L’Udienza Generale di questa mattina si è svolta alle ore 10.30 in Piazza San Pietro dove il Santo Padre ha incontrato gruppi di pellegrini e di fedeli giunta dall’Italia e da ogni parte del mondo.
Nel discorso in lingua italiana, il Papa si è soffermato sulla figura di San Giuseppe Cafasso, presbitero italiano.
Dopo aver riassunto la Sua catechesi in diverse lingue, il Santo Padre Benedetto XVI ha rivolto particolari espressioni di saluto ai gruppi di fedeli presenti.
L’Udienza Generale si è conclusa con il canto del Pater Noster e la Benedizione Apostolica impartita insieme ai Vescovi presenti.

CATECHESI DEL SANTO PADRE IN LINGUA ITALIANA

San Giuseppe Cafasso

Cari fratelli e sorelle,

abbiamo da poco concluso l’Anno Sacerdotale: un tempo di grazia, che ha portato e porterà frutti preziosi alla Chiesa; un’opportunità per ricordare nella preghiera tutti coloro che hanno risposto a questa particolare vocazione. Ci hanno accompagnato in questo cammino, come modelli e intercessori, il Santo Curato d’Ars ed altre figure di santi sacerdoti, vere luci nella storia della Chiesa. Oggi, come ho annunciato mercoledì scorso, vorrei ricordarne un’altra, che spicca sul gruppo dei “Santi sociali” nella Torino dell’Ottocento: si tratta di san Giuseppe Cafasso.

Il suo ricordo appare doveroso perché proprio una settimana fa ricorreva il 150° anniversario della morte, avvenuta nel capoluogo piemontese il 23 giugno 1860, all’età di 49 anni. Inoltre, mi piace ricordare che il Papa Pio XI, il 1° novembre 1924, approvando i miracoli per la canonizzazione di san Giovanni Maria Vianney e pubblicando il decreto di autorizzazione per la beatificazione del Cafasso, accostò queste due figure di sacerdoti con le seguenti parole: “Non senza una speciale e benefica disposizione della Divina Bontà abbiamo assistito a questo sorgere sull’orizzonte della Chiesa cattolica di nuovi astri, il parroco d’Ars, ed il Venerabile Servo di Dio, Giuseppe Cafasso. Proprio queste due belle, care, provvidamente opportune figure ci si dovevano oggi presentare; piccola e umile, povera e semplice, ma altrettanto gloriosa la figura del parroco d’Ars, e l’altra bella, grande, complessa, ricca figura di sacerdote, maestro e formatore di sacerdoti, il Venerabile Giuseppe Cafasso”. Si tratta di circostanze che ci offrono l’occasione per conoscere il messaggio, vivo e attuale, che emerge dalla vita di questo santo.

Egli non fu parroco come il curato d’Ars, ma fu soprattutto formatore di parroci e preti diocesani, anzi di preti santi, tra i quali san Giovanni Bosco. Non fondò, come gli altri santi sacerdoti dell’Ottocento piemontese, istituti religiosi, perché la sua “fondazione” fu la “scuola di vita e di santità sacerdotale” che realizzò, con l’esempio e l’insegnamento, nel “Convitto Ecclesiastico di S. Francesco d’Assisi” a Torino.

Giuseppe Cafasso nasce a Castelnuovo d’Asti, lo stesso paese di san Giovanni Bosco, il 15 gennaio 1811. E’ il terzo di quattro figli. L’ultima, la sorella Marianna, sarà la mamma del beato Giuseppe Allamano, fondatore dei Missionari e delle Missionarie della Consolata. Nasce nella Piemonte ottocentesca caratterizzata da gravi problemi sociali, ma anche da tanti Santi che si impegnavano a porvi rimedio. Essi erano legati tra loro da un amore totale a Cristo e da una profonda carità verso i più poveri: la grazia del Signore sa diffondere e moltiplicare i semi di santità! Il Cafasso compì gli studi secondari e il biennio di filosofia nel Collegio di Chieri e, nel 1830, passò al Seminario teologico, dove, nel 1833, venne ordinato sacerdote. Quattro mesi più tardi fece il suo ingresso nel luogo che per lui resterà la fondamentale ed unica “tappa” della sua vita sacerdotale: il “Convitto Ecclesiastico di S. Francesco d’Assisi” a Torino. Entrato per perfezionarsi nella pastorale, qui egli mise a frutto le sue doti di direttore spirituale e il suo grande spirito di carità. Il Convitto, infatti, non era soltanto una scuola di teologia morale, dove i giovani preti, provenienti soprattutto dalla campagna, imparavano a confessare e a predicare, ma era anche una vera e propria scuola di vita sacerdotale, dove i presbiteri si formavano nella spiritualità di sant’Ignazio di Loyola e nella teologia morale e pastorale del grande Vescovo sant’Alfonso Maria de’ Liguori. Il tipo di prete che il Cafasso incontrò al Convitto e che egli stesso contribuì a rafforzare – soprattutto come Rettore - era quello del vero pastore con una ricca vita interiore e un profondo zelo nella cura pastorale: fedele alla preghiera, impegnato nella predicazione, nella catechesi, dedito alla celebrazione dell’Eucarestia e al ministero della Confessione, secondo il modello incarnato da san Carlo Borromeo, da san Francesco di Sales e promosso dal Concilio di Trento. Una felice espressione di san Giovanni Bosco, sintetizza il senso del lavoro educativo in quella Comunità: “al Convitto si imparava ad essere preti”.

San Giuseppe Cafasso cercò di realizzare questo modello nella formazione dei giovani sacerdoti, affinché, a loro volta, diventassero formatori di altri preti, religiosi e laici, secondo una speciale ed efficace catena.

Dalla sua cattedra di teologia morale educava ad essere buoni confessori e direttori spirituali, preoccupati del vero bene spirituale della persona, animati da grande equilibrio nel far sentire la misericordia di Dio e, allo stesso tempo, un acuto e vivo senso del peccato. Tre erano le virtù principali del Cafasso docente, come ricorda san Giovanni Bosco: calma, accortezza e prudenza.

Per lui la verifica dell’insegnamento trasmesso era costituita dal ministero della confessione, alla quale egli stesso dedicava molte ore della giornata; a lui accorrevano vescovi, sacerdoti, religiosi, laici eminenti e gente semplice: a tutti sapeva offrire il tempo necessario. Di molti, poi, che divennero santi e fondatori di istituti religiosi, egli fu sapiente consigliere spirituale.

Il suo insegnamento non era mai astratto, basato soltanto sui libri che si utilizzavano in quel tempo, ma nasceva dall’esperienza viva della misericordia di Dio e dalla profonda conoscenza dell’animo umano acquisita nel lungo tempo trascorso in confessionale e nella direzione spirituale: la sua era una vera scuola di vita sacerdotale.

Il suo segreto era semplice: essere un uomo di Dio; fare, nelle piccole azioni quotidiane, “quello che può tornare a maggior gloria di Dio e a vantaggio delle anime”. Amava in modo totale il Signore, era animato da una fede ben radicata, sostenuto da una profonda e prolungata preghiera, viveva una sincera carità verso tutti. Conosceva la teologia morale, ma conosceva altrettanto le situazioni e il cuore della gente, del cui bene si faceva carico, come il buon pastore.

Quanti avevano la grazia di stargli vicino ne erano trasformati in altrettanti buoni pastori e in validi confessori. Indicava con chiarezza a tutti i sacerdoti la santità da raggiungere proprio nel ministero pastorale. Il beato don Clemente Marchisio, fondatore delle Figlie di san Giuseppe, affermava: “Entrai in Convitto essendo un gran birichino e un capo sventato, senza sapere cosa volesse dire essere prete, e ne uscii affatto diverso, pienamente compreso della dignità del sacerdote”.

Quanti sacerdoti furono da lui formati nel Convitto e poi seguiti spiritualmente! Tra questi – come ho già detto - emerge san Giovanni Bosco, che lo ebbe come direttore spirituale per ben 25 anni, dal 1835 al 1860: prima come chierico, poi come prete e infine come fondatore.

Tutte le scelte fondamentali della vita di san Giovanni Bosco ebbero come consigliere e guida san Giuseppe Cafasso, ma in un modo ben preciso: il Cafasso non cercò mai di formare in don Bosco un discepolo “a sua immagine e somiglianza” e don Bosco non copiò il Cafasso; lo imitò certo nelle virtù umane e sacerdotali - definendolo “modello di vita sacerdotale” -, ma secondo le proprie personali attitudini e la propria peculiare vocazione; un segno della saggezza del maestro spirituale e dell’intelligenza del discepolo: il primo non si impose sul secondo, ma lo rispettò nella sua personalità e lo aiutò a leggere quale fosse la volontà di Dio su di lui.

Cari amici, è questo un insegnamento prezioso per tutti coloro che sono impegnati nella formazione ed educazione delle giovani generazioni ed è anche un forte richiamo di quanto sia importante avere una guida spirituale nella propria vita, che aiuti a capire ciò che Dio vuole da noi. Con semplicità e profondità, il nostro Santo affermava: “Tutta la santità, la perfezione e il profitto di una persona sta nel fare perfettamente la volontà di Dio (…). Felici noi se giungessimo a versare così il nostro cuore dentro quello di Dio, unire talmente i nostri desideri, la nostra volontà alla sua da formare ed un cuore ed una volontà sola: volere quello che Dio vuole, volerlo in quel modo, in quel tempo, in quelle circostanze che vuole Lui e volere tutto ciò non per altro se non perché così vuole Iddio”.

Ma un altro elemento caratterizza il ministero del nostro Santo: l’attenzione agli ultimi, in particolare ai carcerati, che nella Torino ottocentesca vivevano in luoghi disumani e disumanizzanti.

Anche in questo delicato servizio, svolto per più di vent’anni, egli fu sempre il buon pastore, comprensivo e compassionevole: qualità percepita dai detenuti, che finivano per essere conquistati da quell’amore sincero, la cui origine era Dio stesso. La semplice presenza del Cafasso faceva del bene: rasserenava, toccava i cuori induriti dalle vicende della vita e soprattutto illuminava e scuoteva le coscienze indifferenti.

Nei primi tempi del suo ministero in mezzo ai carcerati, egli ricorreva spesso alle grandi predicazioni che arrivavano a coinvolgere quasi tutta la popolazione carceraria. Con il passare del tempo, privilegiò la catechesi spicciola, fatta nei colloqui e negli incontri personali: rispettoso delle vicende di ciascuno, affrontava i grandi temi della vita cristiana, parlando della confidenza in Dio, dell’adesione alla Sua volontà, dell’utilità della preghiera e dei sacramenti, il cui punto di arrivo è la Confessione, l’incontro con Dio fattosi per noi misericordia infinita. I condannati a morte furono oggetto di specialissime cure umane e spirituali. Egli accompagnò al patibolo, dopo averli confessati ed aver amministrato loro l’Eucaristia, 57 condannati a morte. Li accompagnava con profondo amore fino all’ultimo respiro della loro esistenza terrena.

Morì il 23 giugno 1860, dopo una vita offerta interamente al Signore e consumata per il prossimo. Il mio Predecessore, il venerabile servo di Dio Papa Pio XII, il 9 aprile 1948, lo proclamò patrono delle carceri italiane e, con l’Esortazione Apostolica Menti nostrae, il 23 settembre 1950, lo propose come modello ai sacerdoti impegnati nella Confessione e nella direzione spirituale.

Cari fratelli e sorelle, san Giuseppe Cafasso sia un richiamo per tutti ad intensificare il cammino verso la perfezione della vita cristiana, la santità; in particolare, ricordi ai sacerdoti l’importanza di dedicare tempo al Sacramento della Riconciliazione e alla direzione spirituale, e a tutti l’attenzione che dobbiamo avere verso i più bisognosi. Ci aiuti l’intercessione della Beata Vergine Maria, di cui san Giuseppe Cafasso era devotissimo e che chiamava “la nostra cara Madre, la nostra consolazione, la nostra speranza”.

© Copyright 2010 - Libreria Editrice Vaticana

martedì 29 giugno 2010

Il Papa: I due Santi Patroni di Roma, pur avendo ricevuto da Dio carismi diversi e missioni diverse da compiere, sono entrambi fondamenta della Chiesa


SOLENNITA' DEI SANTI PIETRO E PAOLO (29 GIUGNO): LO SPECIALE DEL BLOG

IL VIDEO SU BENEDICT XVI TV

ANGELUS: AUDIO INTEGRALE DI RADIO VATICANA

LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS, 29.06.2010

Al termine della Santa Messa celebrata nella Basilica Vaticana nella Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, con la partecipazione di una Delegazione del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli e con l’imposizione dei Palli a 38 Arcivescovi Metropoliti, il Papa si affaccia alla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico e guida la recita dell’Angelus con i fedeli e i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro.
Queste le parole del Santo Padre Benedetto XVI nell’introdurre la preghiera mariana
:

PRIMA DELL’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle,

quest’oggi la Chiesa di Roma festeggia le sue sante radici, celebrando gli Apostoli Pietro e Paolo, le cui reliquie sono custodite nelle due Basiliche ad essi dedicate e che ornano l’intera Città cara ai cristiani residenti e pellegrini. La solennità è iniziata ieri sera con la preghiera dei Primi Vespri nella Basilica Ostiense. La liturgia del giorno ripropone la professione di fede di Pietro nei confronti di Gesù: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente» (Mt 16,16). Non è una dichiarazione frutto di ragionamento, ma una rivelazione del Padre all’umile pescatore di Galilea, come conferma Gesù stesso dicendo: «né carne né sangue te lo hanno rivelato» (Mt 16,17).

Simon Pietro è talmente vicino al Signore da diventare egli stesso una roccia di fede e d’amore su cui Gesù ha edificato la sua Chiesa e «l’ha resa – come osserva san Giovanni Crisostomo - più forte del cielo stesso» (Hom. in Matthæum 54, 2: PG 58,535). Infatti, il Signore conclude dicendo: «tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra saràsciolto nei cieli» (Mt 16,19).

San Paolo – di cui abbiamo recentemente celebrato il bimillenario della nascita – con la Grazia divina ha diffuso il Vangelo, seminando la Parola di verità e di salvezza in mezzo ai popoli pagani.

I due Santi Patroni di Roma, pur avendo ricevuto da Dio carismi diversi e missioni diverse da compiere, sono entrambi fondamenta della Chiesa una, santa, cattolica e apostolica, «permanentemente aperta alla dinamica missionaria ed ecumenica, perché inviata al mondo ad annunziare e testimoniare, attualizzare ed espandere il mistero di comunione che la costituisce» (Congregazione per la Dottrina della Fede, Communionis notio, 28 maggio 1992, n. 4: AAS 85 [1993], 840).

Per questo, durante la santa Messa di questa mattina nella Basilica Vaticana, ho consegnato a trentotto Arcivescovi Metropoliti il Pallio, che simboleggia sia la comunione con il Vescovo di Roma, sia la missione di pascere con amore l’unico gregge di Cristo. In questa solenne ricorrenza, desidero anche ringraziare di cuore la Delegazione del Patriarcato Ecumenico, a testimonianza del vincolo spirituale tra la Chiesa di Roma e la Chiesa di Costantinopoli.

L’esempio degli Apostoli Pietro e Paolo illumini le menti e accenda nei cuori dei credenti il santo desiderio di compiere la volontà di Dio, affinché la Chiesa pellegrina sulla terra sia sempre più fedele al suo Signore. Rivolgiamoci con fiducia alla Vergine Maria, Regina degli Apostoli, che dal Cielo guida e sostiene il cammino del Popolo di Dio.

DOPO L’ANGELUS

Je salue cordialement les pèlerins francophones et, en particulier, ceux qui accompagnent les Archevêques auxquels je viens d’imposer le pallium! La Solennité des Saints Pierre et Paul, Colonnes de l’Église, nous rappelle que Dieu construit sur le roc de notre foi qui est irriguée par l’enseignement du Christ transmis par les Apôtres. Puissions-nous accueillir la grâce de cette fête pour être comme les premiers chrétiens: assidus à la fraction du pain et attentifs à l’enseignement des Apôtres, pour être un seul cœur, une seule âme solidement enracinés dans l’amour de Dieu. Bonne fête à tous!

I offer a warm welcome to the English-speaking visitors gathered for this Angelus prayer. Today’s Solemnity of Saints Peter and Paul, Patrons of the Church of Rome, invites us to give thanks for the faith we have received from the Apostles in the communion of the Church. As a sign of that unity, this morning I conferred the Pallium upon a number of Metropolitan Archbishops from throughout the world. I ask you to pray that, through the intercession of the Apostles, they will be true heralds of the Gospel and models of pastoral charity to the flock entrusted to their care. Upon all of you I invoke the Lord’s richest blessings!

Ganz herzlich heiße ich alle deutschsprachigen Pilger und Besucher am Hochfest der Heiligen Petrus und Paulus, der Stadtpatrone Roms, willkommen. Heute morgen habe ich 38 neuernannten Erzbischöfen und Metropoliten aus der ganzen Welt das Pallium verliehen. Dieses besondere, aus Wolle gewobene Band erinnert uns an die Lämmer und Schafe, die der auferstandene Christus dem Apostel Petrus zu weiden aufgetragen hat. Die Hirten der Kirchenprovinzen sollen dem Nachfolger Petri dabei helfen, diesen Auftrag des Herrn auch heute zu erfüllen. Ich lade euch ein, die Bischöfe durch euer Gebet und Opfer darin zu unterstützen, in der Nachfolge Jesu rechte Hirten zu sein. Der Heilige Geist begleite euch auf all euren Wegen!

Saludo con afecto a los peregrinos de lengua española, en particular a los arzobispos metropolitanos que acaban de recibir el palio, como signo de unidad con el Sumo Pontífice; a sus familiares, así como a los sacerdotes, religiosos y fieles diocesanos que les acompañan. En este día, celebramos el martirio de los apóstoles san Pedro y san Pablo, que en esta ciudad de Roma dieron su máximo testimonio de amor a Cristo. Os invito a todos, queridos hermanos, a seguir su ejemplo para que, cada vez más unidos al Señor, sepáis dar en vuestra vida abundantes frutos de santidad y apostolado. Que Dios os bendiga.

Uma cordial saudação para os Arcebispos Metropolitas de Angola e do Brasil que acabaram de receber o pálio, e também para os familiares e amigos que os acompanham: A Santíssima Virgem guie e proteja maternalmente a cada um deles e ao Rebanho que lhes foi confiado.

Pozdrawiam polskich pielgrzymów. Uroczystość Apostołów Piotra i Pawła jest dla chrześcijan wyjątkową okazją do odnawiania i umacniania więzi z Kościołem, który jest w Rzymie i z jego Biskupem. Szczególnym znakiem tej jedności jest paliusz, który dzisiaj przekazałem metropolitom z różnych części świata, w tym także Prymasowi Polski. Jemu i wam wszystkim niech Bóg błogosławi!

[Saluto i pellegrini polacchi. La solennità degli Apostoli Pietro e Paolo è per i cristiani una particolare occasione per rinnovare e rafforzare i legami con la Chiesa che è a Roma e con il suo Vescovo. Un segno speciale di quest’unione è il Pallio, che oggi ho consegnato ai Metropoliti provenienti da diverse parti del mondo, e tra loro anche al Primate della Polonia. Dio benedica lui e tutti voi!]

Srdečně zdravím česky mluvící poutníky, kteří doprovázejí pražského arcibiskupa na tuto slavnost svatých apoštolů Petra a Pavla. Rád vám všem žehnám!

[Saluto cordialmente i pellegrini di lingua ceca che accompagnano l'Arcivescovo di Praga a questa solenne celebrazione degli Apostoli Pietro e Paolo. Volentieri vi benedico tutti!]

S láskou pozdravujem slovenských pútnikov, osobitne z Košickej arcidiecézy. Bratia a sestry, dnešný obrad udelenia pália je výzvou k budovaniu a upevňovaniu živého spoločenstva Božieho ľudu vo viere a v láske. Zo srdca vás žehnám. Pochválený buď Ježiš Kristus!

[Saluto con affetto i pellegrini slovacchi, particolarmente quelli provenienti dall’arcidiocesi di Košice. Fratelli e sorelle, l’odierno rito dell’imposizione del Pallio è un invito a costruire e consolidare la viva comunione del popolo di Dio nella fede e nell’amore. Di cuore vi benedico. Sia lodato Gesù Cristo!]

Lepo pozdravljam romarje iz Slovenije, še posebej ljubljanskega nadškofa in metropolita Antona Stresa, ki je danes prejel palij v znamenje posebne povezanosti z apostolskim sedežem. Vse vas izročam priprošnji svetih apostolov Petra in Pavla ter vas blagoslavljam!

[Rivolgo un cordiale saluto ai pellegrini provenienti dalla Slovenia, in particolare all'Arcivescovo Metropolita di Ljubljana Mons. Anton Stres che oggi ha ricevuto il Pallio quale segno dello speciale legame con la Sede Apostolica. Vi affido tutti all’intercessione dei Ss. Pietro e Paolo e vi benedico!]

Saluto infine i pellegrini di lingua italiana, in modo particolare gli Arcivescovi Metropoliti e quanti li accompagnano. A tutti auguro una buona festa dei Santi Apostoli Pietro e Paolo. Bella festa a tutti voi!

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Il Papa: Il danno maggiore la Chiesa lo subisce da ciò che inquina la fede e la vita cristiana dei suoi membri e delle sue comunità


SOLENNITA' DEI SANTI PIETRO E PAOLO (29 GIUGNO): LO SPECIALE DEL BLOG

IL VIDEO SU BENEDICT XVI TV

CONSEGNA DEL PALLIO AI METROPOLITI: FOTO REPUBBLICA.IT

Il Papa consegna il pallio agli arcivescovi: video di Rome Reports

Elenco degli arcivescovi che ricevono stamattina il pallio dal Santo Padre

Vedi anche:

Duro monito di Benedetto XVI contro gli scandali sessuali e finanziari in Curia e negli episcopati nazionali (Galeazzi)

Il Papa segnala «divisioni, incoerenze» e gli «atteggiamenti negativi che appartengono al mondo» (Gasparroni)

La glasnost di BXVI (Galeazzi)

La funzione di guida, svolta costantemente da Benedetto XVI, racchiude in sé il magistero di Pietro e di Paolo (Carlo Cardia)

Il Papa: Il pericolo della persecuzione è dentro la Chiesa (Vecchi)

Il dolore del Papa:la Chiesa subisce il danno maggiore da ciò che inquina la fede e la vita cristiana dei suoi membri e delle sue comunità (Tornielli)

Il Papa: È il «male che inquina dall'interno» il pericolo più grave della Chiesa Cattolica. La lotta del Papa alle cordate di potere vaticane (Gagliarducci)

Il tormento di Papa Ratzinger: spiegare Cristo ai preti (Antonio Socci)

Il Papa: sono al servizio della verità e della libertà. Domani pubblicate importanti nomine (Izzo)

Garanzia di libertà. L'omelia nella solennità dei santi Pietro e Paolo (Sir)

Il Papa: il pericolo maggiore non sono le persecuzioni ma l'infedeltà. Il legame con Roma è garanzia di libertà per le chiese locali (Izzo)

Dicastero per una nuova evangelizzazione dell'Occidente: per non ridurci ad alberi invecchiati (Corradi)

Abbraccio di pace fra il Papa ed i i rappresentanti del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli (Izzo)

Il Papa: maggior pericolo Chiesa è il male che la inquina (Ansa)

Il Papa: la Chiesa subisce il danno maggiore da "ciò che inquina la fede e la vita cristiana" (Radio Vaticana)

Il Papa: la comunione con Pietro garanzia di libertà per i vescovi e per tutti i fedeli (AsiaNews)

Il Papa ha imposto il pallio a 38 arcivescovi. Benedetto XVI: Dio libera anche oggi la Chiesa dalle potenze negative (Izzo)

L'unione con Roma assicura alle Chiese particolari e alle Conferenze Episcopali la libertà rispetto a poteri locali, nazionali o sovranazionali (Asca)

Per il nuovo Prefetto dei vescovi: "esamino" di latino per tutti i candidati all'episcopato

Il Papa: Chiesa danneggiata più da sue carenze che da persecuzioni

Il Papa: Il maggior pericolo per la Chiesa è dato dall'infedeltà dei sui membri (Corriere)

Benedetto XVI istituisce un «dicastero» per l’Occidente (Muolo)

CAPPELLA PAPALE NELLA SOLENNITÀ DEI SANTI APOSTOLI PIETRO E PAOLO, 29.06.2010

Alle ore 9.30 di oggi, Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, il Santo Padre Benedetto XVI presiede nella Basilica Vaticana la Concelebrazione dell’Eucaristia con 38 Arcivescovi Metropoliti ai quali, nel corso del Sacro Rito, impone i Palli presi dalla Confessione di San Pietro.
Come di consueto in occasione della Festa dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, Patroni della Città di Roma, è presente alla Santa Messa una Delegazione del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli, composta da: Sua Eminenza Gennadios (Limouris), Metropolita di Sassima; S.E. Bartholomaios (Ioannis Kessidis), Vescovo di Arianzós, Assistente del Metropolita di Germania; Rev.do Diacono Theodoros Meimaris, della Sede patriarcale del Fanar.
Dopo la lettura del Vangelo e prima del Rito di benedizione e imposizione dei Palli agli Arcivescovi Metropoliti, il Papa tiene l’omelia. Ne riportiamo di seguito il testo:

OMELIA DEL SANTO PADRE

Cari fratelli e sorelle!

I testi biblici di questa Liturgia eucaristica della solennità dei santi Apostoli Pietro e Paolo, nella loro grande ricchezza, mettono in risalto un tema che si potrebbe riassumere così: Dio è vicino ai suoi fedeli servitori e li libera da ogni male, e libera la Chiesa dalle potenze negative. E’ il tema della libertà della Chiesa, che presenta un aspetto storico e un altro più profondamente spirituale.

Questa tematica attraversa tutta l’odierna Liturgia della Parola. La prima e la seconda Lettura parlano, rispettivamente, di san Pietro e di san Paolo sottolineando proprio l’azione liberatrice di Dio nei loro confronti. Specialmente il testo degli Atti degli Apostoli descrive con abbondanza di particolari l’intervento dell’angelo del Signore, che scioglie Pietro dalle catene e lo conduce fuori dal carcere di Gerusalemme, dove lo aveva fatto rinchiudere, sotto stretta sorveglianza, il re Erode (cfr At 12,1-11).

Paolo, invece, scrivendo a Timoteo quando ormai sente vicina la fine della vita terrena, ne fa un bilancio consuntivo da cui emerge che il Signore gli è stato sempre vicino, lo ha liberato da tanti pericoli e ancora lo libererà introducendolo nel suo Regno eterno (cfr 2 Tm 4, 6-8.17-18). Il tema è rafforzato dal Salmo responsoriale (Sal 33), e trova un particolare sviluppo anche nel brano evangelico della confessione di Pietro, là dove Cristo promette che le potenze degli inferi non prevarranno sulla sua Chiesa (cfr Mt 16,18).

Osservando bene si nota, riguardo a questa tematica, una certa progressione. Nella prima Lettura viene narrato un episodio specifico che mostra l’intervento del Signore per liberare Pietro dalla prigione; nella seconda Paolo, sulla base della sua straordinaria esperienza apostolica, si dice convinto che il Signore, che già lo ha liberato "dalla bocca del leone", lo libererà "da ogni male" aprendogli le porte del Cielo; nel Vangelo invece non si parla più dei singoli Apostoli, ma della Chiesa nel suo insieme e della sua sicurezza rispetto alle forze del male, intese in senso ampio e profondo. In tal modo vediamo che la promessa di Gesù – "le potenze degli inferi non prevarranno" sulla Chiesa – comprende sì le esperienze storiche di persecuzione subite da Pietro e Paolo e dagli altri testimoni del Vangelo, ma va oltre, volendo assicurare la protezione soprattutto contro le minacce di ordine spirituale; secondo quanto Paolo stesso scrive nella Lettera agli Efesini: "La nostra battaglia infatti non è contro la carne e il sangue, ma contro i Principati e le Potenze, contro i dominatori di questo mondo tenebroso, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti" (Ef 6,12).

In effetti, se pensiamo ai due millenni di storia della Chiesa, possiamo osservare che – come aveva preannunciato il Signore Gesù (cfr Mt 10,16-33) – non sono mai mancate per i cristiani le prove, che in alcuni periodi e luoghi hanno assunto il carattere di vere e proprie persecuzioni.

Queste, però, malgrado le sofferenze che provocano, non costituiscono il pericolo più grave per la Chiesa. Il danno maggiore, infatti, essa lo subisce da ciò che inquina la fede e la vita cristiana dei suoi membri e delle sue comunità, intaccando l’integrità del Corpo mistico, indebolendo la sua capacità di profezia e di testimonianza, appannando la bellezza del suo volto.

Questa realtà è attestata già dall’epistolario paolino. La Prima Lettera ai Corinzi, ad esempio, risponde proprio ad alcuni problemi di divisioni, di incoerenze, di infedeltà al Vangelo che minacciano seriamente la Chiesa. Ma anche la Seconda Lettera a Timoteo – di cui abbiamo ascoltato un brano – parla dei pericoli degli "ultimi tempi", identificandoli con atteggiamenti negativi che appartengono al mondo e che possono contagiare la comunità cristiana: egoismo, vanità, orgoglio, attaccamento al denaro, eccetera (cfr 3,1-5).

La conclusione dell’Apostolo è rassicurante: gli uomini che operano il male – scrive – "non andranno molto lontano, perché la loro stoltezza sarà manifesta a tutti" (3,9). Vi è dunque una garanzia di libertà assicurata da Dio alla Chiesa, libertà sia dai lacci materiali che cercano di impedirne o coartarne la missione, sia dai mali spirituali e morali, che possono intaccarne l’autenticità e la credibilità.

Il tema della libertà della Chiesa, garantita da Cristo a Pietro, ha anche una specifica attinenza con il rito dell’imposizione del Pallio, che oggi rinnoviamo per trentotto Arcivescovi Metropoliti, ai quali rivolgo il mio più cordiale saluto, estendendolo con affetto a quanti hanno voluto accompagnarli in questo pellegrinaggio.

La comunione con Pietro e i suoi successori, infatti, è garanzia di libertà per i Pastori della Chiesa e per le stesse Comunità loro affidate. Lo è su entrambi i piani messi in luce nelle riflessioni precedenti. Sul piano storico, l’unione con la Sede Apostolica assicura alle Chiese particolari e alle Conferenze Episcopali la libertà rispetto a poteri locali, nazionali o sovranazionali, che possono in certi casi ostacolare la missione ecclesiale.

Inoltre, e più essenzialmente, il ministero petrino è garanzia di libertà nel senso della piena adesione alla verità, all’autentica tradizione, così che il Popolo di Dio sia preservato da errori concernenti la fede e la morale. Il fatto dunque che, ogni anno, i nuovi Metropoliti vengano a Roma a ricevere il Pallio dalle mani del Papa va compreso nel suo significato proprio, come gesto di comunione, e il tema della libertà della Chiesa ce ne offre una chiave di lettura particolarmente importante. Questo appare evidente nel caso di Chiese segnate da persecuzioni, oppure sottoposte a ingerenze politiche o ad altre dure prove. Ma ciò non è meno rilevante nel caso di Comunità che patiscono l’influenza di dottrine fuorvianti, o di tendenze ideologiche e pratiche contrarie al Vangelo. Il Pallio dunque diventa, in questo senso, un pegno di libertà, analogamente al "giogo" di Gesù, che Egli invita a prendere, ciascuno sulle proprie spalle (cfr Mt 11,29-30). Come il comandamento di Cristo – pur esigente – è "dolce e leggero" e, invece di pesare su chi lo porta, lo solleva, così il vincolo con la Sede Apostolica – pur impegnativo – sostiene il Pastore e la porzione di Chiesa affidata alle sue cure, rendendoli più liberi e più forti.

Un’ultima indicazione vorrei trarre dalla Parola di Dio, in particolare dalla promessa di Cristo che le potenze degli inferi non prevarranno sulla sua Chiesa. Queste parole possono avere anche una significativa valenza ecumenica, dal momento che, come accennavo poc’anzi, uno degli effetti tipici dell’azione del Maligno è proprio la divisione all’interno della Comunità ecclesiale. Le divisioni, infatti, sono sintomi della forza del peccato, che continua ad agire nei membri della Chiesa anche dopo la redenzione. Ma la parola di Cristo è chiara: "Non praevalebunt – non prevarranno" (Mt 16,18).

L’unità della Chiesa è radicata nella sua unione con Cristo, e la causa della piena unità dei cristiani – sempre da ricercare e da rinnovare, di generazione in generazione – è pure sostenuta dalla sua preghiera e dalla sua promessa. Nella lotta contro lo spirito del male, Dio ci ha donato in Gesù l’"Avvocato" difensore, e, dopo la sua Pasqua, "un altro Paraclito" (cfr Gv 14,16), lo Spirito Santo, che rimane con noi per sempre e conduce la Chiesa verso la pienezza della verità (cfr Gv 14,16; 16,13), che è anche la pienezza della carità e dell’unità. Con questi sentimenti di fiduciosa speranza, sono lieto di salutare la Delegazione del Patriarcato di Costantinopoli, che, secondo la bella consuetudine delle visite reciproche, partecipa alle celebrazioni dei Santi Patroni di Roma.

Insieme rendiamo grazie a Dio per i progressi nelle relazioni ecumeniche tra cattolici ed ortodossi, e rinnoviamo l’impegno di corrispondere generosamente alla grazia di Dio, che ci conduce alla piena comunione.

Cari amici, saluto cordialmente ciascuno di voi: Signori Cardinali, Fratelli nell’Episcopato, Signori Ambasciatori e Autorità civili, in particolare il Sindaco di Roma, sacerdoti, religiosi e fedeli laici. Vi ringrazio per la vostra presenza. I santi Apostoli Pietro e Paolo vi ottengano di amare sempre più la santa Chiesa, corpo mistico di Cristo Signore e messaggera di unità e di pace per tutti gli uomini. Vi ottengano anche di offrire con letizia per la sua santità e la sua missione le fatiche e le sofferenze sopportate per la fedeltà al Vangelo. La Vergine Maria, Regina degli Apostoli e Madre della Chiesa, vegli sempre su di voi, in particolare sul ministero degli Arcivescovi Metropoliti. Col suo celeste aiuto possiate vivere e agire sempre in quella libertà, che Cristo ci ha guadagnato. Amen.

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Al termine della Celebrazione il Santo Padre Benedetto XVI e il Metropolita ortodosso Gennadios scendono alla Confessione di San Pietro per una breve preghiera.

lunedì 28 giugno 2010

Il Papa: la Chiesa è nel mondo un’immensa forza rinnovatrice, non certo per le sue forze, ma per la forza del Vangelo


SOLENNITA' DEI SANTI PIETRO E PAOLO (29 GIUGNO): LO SPECIALE DEL BLOG

MOTU PROPRIO "UBICUMQUE ET SEMPER" CON IL QUALE SI ISTITUISCE IL PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA PROMOZIONE DELLA NUOVA EVANGELIZZAZIONE: LO SPECIALE DEL BLOG

IL VIDEO SU BENEDICT XVI TV

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«Evangelizzazione: l’Occidente torna terra di frontiera» (Paolo D'Andrea)

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Benedetto XVI istituisce un «dicastero» per l’Occidente (Muolo)

Nuovo dicastero per l'evangelizzazione (Avvenire)

Ai Vespri per la Solennità dei Santi Pietro e Paolo Benedetto XVI annuncia la creazione di un Pontificio Consiglio per una rinnovata evangelizzazione

Benedetto XVI: sfide superiori a capacità umane, ma guardiamo al futuro. Il Papa esce benissimo dalla giornata di oggi e dalle tempeste dei giorni scorsi (Izzo)

Il Papa: La sfida della nuova evangelizzazione interpella la Chiesa e ci chiede anche di proseguire la ricerca della piena unità tra i cristiani

IL PAPA ANNUNCIA LA CREAZIONE DI UN NUOVO PONTIFICIO CONSIGLIO PER UNA RINNOVATA EVANGELIZZAZIONE

CELEBRAZIONE DEI PRIMI VESPRI DELLA SOLENNITÀ DEI SANTI APOSTOLI PIETRO E PAOLO, 28.06.2010

Alle 18 di questo pomeriggio, il Santo Padre Benedetto XVI presiede nella Basilica di San Paolo fuori le mura la Celebrazione dei Primi Vespri della Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo.
È presente la Delegazione del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli, inviata da S.S. Bartolomeo I e composta da Sua Eminenza Gennadios (Limouris), Metropolita di Sassima; S.E. Bartholomaios (Ioannis Kessidis), Vescovo di Arianzós, Assistente del Metropolita di Germania; Rev.do Diacono Theodoros Meimaris, della Sede patriarcale del Fanar.
Accolto al suo arrivo da S.E. Mons. Francesco Monterisi, Arciprete della Basilica di San Paolo fuori le mura e dal Padre Abate di San Paolo, dom Edmund Power, dal quadriportico il Santo Padre entra processionalmente in Basilica con i monaci benedettini. Giunto in presbiterio, prima dell’inizio della Celebrazione dei Vespri il Papa scende alla Confessione per venerare il sepolcro dell’Apostolo Paolo.
Pubblichiamo di seguito il testo dell’omelia che il Papa pronuncia nel corso della celebrazione dei Vespri:

OMELIA DEL SANTO PADRE

Cari fratelli e sorelle!

Con la celebrazione dei Primi Vespri entriamo nella solennità dei Santi Pietro e Paolo.
Abbiamo la grazia di farlo nella Basilica Papale intitolata all’Apostolo delle genti, raccolti in preghiera presso la sua Tomba. Per questo, desidero orientare la mia breve riflessione nella prospettiva della vocazione missionaria della Chiesa. In questa direzione vanno la terza antifona della salmodia che abbiamo pregato e la Lettura biblica.
Le prime due antifone sono dedicate a san Pietro, la terza a san Paolo e dice: “Tu sei il messaggero di Dio, Paolo apostolo santo: hai annunziato la verità nel mondo intero”.
E nella Lettura breve, tratta dall’indirizzo iniziale della Lettera ai Romani, Paolo si presenta come “apostolo per vocazione, prescelto per annunziare il vangelo di Dio” (Rm 1,1) La figura di Paolo – la sua persona e il suo ministero, tutta la sua esistenza e il suo duro lavoro per il Regno di Dio – sono completamente dedicati al servizio del Vangelo. In questi testi si avverte un senso di movimento, dove protagonista non è l’uomo, ma Dio, il soffio dello Spirito Santo, che spinge l’Apostolo sulle strade del mondo per portare a tutti la Buona Notizia: le promesse dei profeti si sono compiute in Gesù, il Cristo, il Figlio di Dio, morto per i nostri peccati e risorto per la nostra giustificazione.

Saulo non c’è più, c’è Paolo, anzi, c’è Cristo che vive in lui (cfr Gal 2,20) e vuole raggiungere tutti gli uomini. Se dunque la festa dei Santi Patroni di Roma evoca la duplice tensione tipica di questa Chiesa, all’unità e all’universalità, il contesto in cui ci troviamo stasera ci chiama a privilegiare la seconda, lasciandoci, per così dire, “trascinare” da san Paolo e dalla sua straordinaria vocazione.

Il Servo di Dio Giovanni Battista Montini, quando fu eletto Successore di Pietro, nel pieno svolgimento del Concilio Vaticano II, scelse di portare il nome dell’Apostolo delle genti. All’interno del suo programma di attuazione del Concilio, Paolo VI convocò nel 1974 l’Assemblea del Sinodo dei Vescovi sul tema dell’evangelizzazione nel mondo contemporaneo, e circa un anno dopo pubblicò l’Esortazione apostolica Evangelii nuntiandi, che si apre con queste parole: “L’impegno di annunziare il Vangelo agli uomini del nostro tempo, animati dalla speranza ma, parimenti, spesso travagliati dalla paura e dall’angoscia, è senza alcun dubbio un servizio reso non solo alla comunità cristiana, ma anche a tutta l’umanità” (n. 1).

Colpisce l’attualità di queste espressioni. Si percepisce in esse tutta la particolare sensibilità missionaria di Paolo VI e, attraverso la sua voce, il grande anelito conciliare all’evangelizzazione del mondo contemporaneo, anelito che culmina nel Decreto Ad gentes, ma che permea tutti i documenti del Vaticano II e che, prima ancora, animava i pensieri e il lavoro dei Padri conciliari, convenuti a rappresentare in modo mai prima così tangibile la diffusione mondiale raggiunta dalla Chiesa.

Non servono parole per spiegare come il Venerabile Giovanni Paolo II, nel suo lungo pontificato, abbia sviluppato questa proiezione missionaria, che – va sempre ricordato – risponde alla natura stessa della Chiesa, la quale, con san Paolo, può e deve sempre ripetere: “Annunciare il Vangelo non è per me un vanto, perché è una necessità che mi si impone: guai a me se non annuncio il Vangelo!” (1Cor 9,16). Il Papa Giovanni Paolo II ha rappresentato “al vivo” la natura missionaria della Chiesa, con i viaggi apostolici e con l’insistenza del suo Magistero sull’urgenza di una “nuova evangelizzazione”: “nuova” non nei contenuti, ma nello slancio interiore, aperto alla grazia dello Spirito Santo che costituisce la forza della legge nuova del Vangelo e che sempre rinnova la Chiesa; “nuova” nella ricerca di modalità che corrispondano alla forza dello Spirito Santo e siano adeguate ai tempi e alle situazioni; “nuova” perché necessaria anche in Paesi che hanno già ricevuto l’annuncio del Vangelo. E’ a tutti evidente che il mio Predecessore ha dato un impulso straordinario alla missione della Chiesa, non solo – ripeto – per le distanze da lui percorse, ma soprattutto per il genuino spirito missionario che lo animava e che ci ha lasciato in eredità all’alba del terzo millennio.

Raccogliendo questa eredità, ho potuto affermare, all’inizio del mio ministero petrino, che la Chiesa è giovane, aperta al futuro.

E lo ripeto oggi, vicino al sepolcro di san Paolo: la Chiesa è nel mondo un’immensa forza rinnovatrice, non certo per le sue forze, ma per la forza del Vangelo, in cui soffia lo Spirito Santo di Dio, il Dio creatore e redentore del mondo. Le sfide dell’epoca attuale sono certamente al di sopra delle capacità umane: lo sono le sfide storiche e sociali, e a maggior ragione quelle spirituali.

Sembra a volte a noi Pastori della Chiesa di rivivere l’esperienza degli Apostoli, quando migliaia di persone bisognose seguivano Gesù, ed Egli domandava: che cosa possiamo fare per tutta questa gente? Essi allora sperimentavano la loro impotenza. Ma proprio Gesù aveva loro dimostrato che con la fede in Dio nulla è impossibile, e che pochi pani e pesci, benedetti e condivisi, potevano sfamare tutti. Ma non c’era – e non c’è – solo la fame di cibo materiale: c’è una fame più profonda, che solo Dio può saziare. Anche l’uomo del terzo millennio desidera una vita autentica e piena, ha bisogno di verità, di libertà profonda, di amore gratuito.

Anche nei deserti del mondo secolarizzato, l’anima dell’uomo ha sete di Dio, del Dio vivente. Per questo Giovanni Paolo II ha scritto: “La missione di Cristo redentore, affidata alla Chiesa, è ancora ben lontana dal suo compimento”, e ha aggiunto: “uno sguardo d’insieme all’umanità dimostra che tale missione è ancora agli inizi e che dobbiamo impegnarci con tutte le forze al suo servizio” (Enc. Redemptoris missio, 1). Vi sono regioni del mondo che ancora attendono una prima evangelizzazione; altre che l’hanno ricevuta, ma necessitano di un lavoro più approfondito; altre ancora in cui il Vangelo ha messo da lungo tempo radici, dando luogo ad una vera tradizione cristiana, ma dove negli ultimi secoli – con dinamiche complesse – il processo di secolarizzazione ha prodotto una grave crisi del senso della fede cristiana e dell’appartenenza alla Chiesa.

In questa prospettiva, ho deciso di creare un nuovo Organismo, nella forma di “Pontificio Consiglio”, con il compito precipuo di promuovere una rinnovata evangelizzazione nei Paesi dove è già risuonato il primo annuncio della fede e sono presenti Chiese di antica fondazione, ma che stanno vivendo una progressiva secolarizzazione della società e una sorta di “eclissi del senso di Dio”, che costituiscono una sfida a trovare mezzi adeguati per riproporre la perenne verità del Vangelo di Cristo.

Cari fratelli e sorelle, la sfida della nuova evangelizzazione interpella la Chiesa universale, e ci chiede anche di proseguire con impegno la ricerca della piena unità tra i cristiani. Un eloquente segno di speranza in tal senso è la consuetudine delle visite reciproche tra la Chiesa di Roma e quella di Costantinopoli in occasione delle feste dei rispettivi Santi Patroni. Per questo accogliamo oggi con rinnovata gioia e riconoscenza la Delegazione inviata dal Patriarca Bartolomeo I, al quale indirizziamo il saluto più cordiale. L’intercessione dei santi Pietro e Paolo ottenga alla Chiesa intera fede ardente e coraggio apostolico, per annunciare al mondo la verità di cui tutti abbiamo bisogno, la verità che è Dio, origine e fine dell’universo e della storia, Padre misericordioso e fedele, speranza di vita eterna. Amen.

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Il Papa agli Ortodossi: Ringrazio il Signore per il fatto che le relazioni fra noi sono caratterizzate da sentimenti di fiducia reciproca...


IL RIAVVICINAMENTO FRA CATTOLICI E ORTODOSSI

SOLENNITA' DEI SANTI PIETRO E PAOLO (29 GIUGNO): LO SPECIALE DEL BLOG

UDIENZA ALLA DELEGAZIONE DEL PATRIARCATO ECUMENICO DI COSTANTINOPOLI IN OCCASIONE DELLA SOLENNITÀ DEI SANTI APOSTOLI PIETRO E PAOLO, 28.06.2010

Alle ore 11 di questa mattina, il Santo Padre Benedetto XVI riceve in Udienza la Delegazione del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli, giunta a Roma in occasione della Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo.
La Delegazione inviata da S.S. Bartolomeo I è composta da: Sua Eminenza Gennadios (Limouris), Metropolita di Sassima, Co-Segretario della Commissione Mista Internazionale per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa nel suo insieme e Vice-Moderatore del Comitato centrale del Consiglio Ecumenico delle Chiese (Ginevra); S.E. Bartholomaios (Ioannis Kessidis), Vescovo di Arianzós, Assistente del Metropolita di Germania; Rev.do Diacono Theodoros Meimaris, della Sede patriarcale del Fanar.
La Delegazione parteciperà questa sera alla Celebrazione dei Vespri che saranno presieduti dal Santo Padre nella Basilica di San Paolo fuori le Mura e domani 29 giugno sarà presente alla celebrazione presieduta dal Papa nella Basilica Vaticana nella Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo.
Pubblichiamo di seguito il discorso che il Santo Padre rivolge questa mattina ai Membri della Delegazione nel corso dell’Udienza:

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Cari Fratelli in Cristo,

"Grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro" (Col 1, 2).
Con grande gioia e sincero affetto vi accolgo nel Signore, in questa città di Roma, in occasione della celebrazione annuale del martirio dei santi Pietro e Paolo.
La loro solennità che la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse celebrano nello stesso giorno, è una delle più antiche dell'anno liturgico e commemora un tempo in cui le nostre comunità vivevano in piena comunione reciproca. La vostra presenza qui, oggi, per la quale sono profondamente grato al Patriarca di Costantinopoli, Sua Santità Bartolomeo I, e al Santo Sinodo del Patriarcato Ecumenico, reca grande gioia nei cuori di tutti noi.

Ringrazio il Signore per il fatto che le relazioni fra noi sono caratterizzate da sentimenti di fiducia reciproca, stima e fraternità, come ampiamente attestato dai numerosi incontri che si sono già svolti nel corso dell'anno.

Tutto ciò fa sperare che il dialogo cattolico-ortodosso continui a fare progressi significativi. Lei, Eminenza, è consapevole del fatto che la Commissione Mista Internazionale per il Dialogo Teologico, di cui è Segretario congiunto, è a un punto cruciale, avendo cominciato lo scorso ottobre, a Paphos, a discutere del "ruolo del Vescovo di Roma nella Comunione della Chiesa nel primo Millennio". Con tutto il cuore preghiamo affinché, illuminati dallo Spirito Santo, i Membri della Commissione proseguano lungo questo cammino durante la prossima sessione plenaria a Vienna e dedichino a esso il tempo necessario per uno studio accurato di tale delicata e importante questione. Per me è un segno incoraggiante che il Patriarca Ecumenico Bartolomeo I e il Santo Sinodo di Costantinopoli condividano la nostra ferma convinzione dell'importanza di questo dialogo, come Lei, Santità ha affermato con tanta chiarezza nella Lettera Enciclica sinodale e patriarcale in occasione della Domenica Ortodossa, il 21 febbraio 2010.

Nella prossima Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi, che ho convocato per il mese di ottobre, qui a Roma, sono certo che il tema della cooperazione ecumenica fra i cristiani di quella regione riceverà grande attenzione. Di fatto questo è evidenziato nell'Instrumentum laboris, che ho consegnato ai Vescovi cattolici del Medio Oriente durante la mia recente visita a Cipro, dove sono stato accolto con grande calore fraterno da Sua Beatitudine Crisostomo II, Arcivescovo di Nuova Giustiniana e di tutta Cipro. Le difficoltà che i Cristiani del Medio Oriente vivono sono in gran parte comuni a tutti: essere una minoranza, desiderare libertà religiosa autentica e pace. È necessario il dialogo con le comunità islamica e musulmana. In questo contesto, sarò molto lieto di accogliere la Delegazione Fraterna che il Patriarca ecumenico invierà per partecipare ai lavori dell'Assemblea Sinodale.

Eminenza, cari membri della Delegazione, vi ringrazio per questa visita. Vi chiedo di trasmettere i miei saluti fraterni a Sua Santità Bartolomeo I, al Santo Sinodo, al clero e a tutti i fedeli del Patriarcato Ecumenico. Attraverso l'intercessione degli Apostoli Pietro e Paolo, che il Signore ci conceda benedizioni abbondanti e ci conservi sempre nel suo amore.

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domenica 27 giugno 2010

Il Papa a Mons. Léonard (Belgio): auspico che la giustizia faccia il suo corso, a garanzia dei diritti fondamentali delle persone e delle istituzioni


La strenua lotta del Papa contro la pedofilia nel clero: il "caso Belgio"

CHIESA E PEDOFILIA: LA TOLLERANZA ZERO DI PAPA BENEDETTO XVI

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE A S.E. MONS. ANDRE’-JOSEPH LEONARD ARCIVESCOVO DI MALINES-BRUXELLES, PRESIDENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DEL BELGIO, 27.06.2010

Pubblichiamo di seguito il messaggio inviato dal Santo Padre a S.E. Mons. André-Joseph Léonard, Arcivescovo di Malines-Bruxelles, Presidente della Conferenza Episcopale del Belgio a proposito delle perquisizioni compiute il 24 giugno nella Cattedrale di Malines e nella Sede dell’Arcivescovado.

TRADUZIONE IN LINGUA ITALIANA

Al Venerato Fratello
Mons. Mgr André-Joseph Léonard
Archevêque de Malines-Bruxelles
Presidente della Conferenza Episcopale del Belgio

In questo triste momento, desidero esprimere la mia particolare vicinanza e solidarietà a Lei, caro Fratello nell’Episcopato, e a tutti i Vescovi della Chiesa in Belgio, per le sorprendenti e deplorevoli modalità con cui sono state condotte le perquisizioni nella Cattedrale di Malines e nella Sede dove era riunito l’Episcopato belga in una Sessione plenaria che, tra l’altro, avrebbe dovuto trattare anche aspetti legati all’abuso di minori da parte di Membri del Clero.

Più volte io stesso ho ribadito che tali gravi fatti vanno trattati dall’ordinamento civile e da quello canonico, nel rispetto della reciproca specificità e autonomia.

In tal senso, auspico che la giustizia faccia il suo corso, a garanzia dei diritti fondamentali delle persone e delle istituzioni, nel rispetto delle vittime, nel riconoscimento senza pregiudiziali di quanti si impegnano a collaborare con essa e nel rifiuto di tutto quanto oscura i nobili compiti ad essa assegnati.

Nell’assicurare che accompagno quotidianamente con la preghiera il cammino di codesta Chiesa, ben volentieri invio la mia affettuosa Benedizione Apostolica.

Città del Vaticano, 27 giugno 2010

BENEDICTUS PP. XVI

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TESTO IN LINGUA ORIGINALE

Au cher Frère,
Mgr André Joseph Léonard,
Archevêque de Malines-Bruxelles,
Président de la Conférence Episcopale de Belgique


Je désire vous exprimer, cher Frère dans l’Episcopat, ainsi qu’à tous les Evêques de Belgique, ma proximité et ma solidarité en ce moment de tristesse, dans lequel, avec certaines modalités surprenantes et déplorables, des perquisitions ont été menées y compris dans la cathédrale de Malines et dans les locaux où l’Episcopat belge était réuni en Session plénière. Durant cette réunion, auraient dû être traités, entre autres, des aspects liés à l’abus sur des mineurs de la part de membres du clergé. J’ai répété moi-même de nombreuses fois que ces faits graves devaient être traités par l’ordre civil et par l’ordre canonique dans le respect réciproque de la spécificité et de l’autonomie de chacun. Dans ce sens, je souhaite que la justice suive son cours en garantissant le droit des personnes et des institutions, dans le respect des victimes, dans la reconnaissance sans préjugés de ceux qui s’engagent à collaborer avec elle et dans le refus de tout ce qui pourrait obscurcir les nobles devoirs qui lui sont assignés.

Vous assurant que j’accompagne quotidiennement dans la prière le cheminement de l’Eglise en Belgique, je vous envoie volontiers une affectueuse Bénédiction apostolique.

Cité du Vatican, le 27 juin 2010

BENEDICTUS PP. XVI

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Il Papa: "Libertà e amore coincidono! Al contrario, obbedire al proprio egoismo conduce a rivalità e conflitti"


ANGELUS DEL SANTO PADRE: AUDIO INTEGRALE DI RADIO VATICANA

IL VIDEO SU BENEDICT XVI TV

Vedi anche:

Il Papa: l'amore porta libertà, l'egoismo solo rivalità e conflitti (Izzo)

Il Papa: l'amore libera, l'egoismo conduce a rivalità e conflitti (Apcom)

Il Papa: Seguire Gesù, dove libertà e amore coincidono (AsiaNews)

Il Papa all'Angelus: l'egoismo porta a conflitti e rivalità, chi segue Gesù entra in una nuova dimensione della libertà (Radio Vaticana)

Il Papa ringrazia i fedeli che contribuiscono all'Obolo di San Pietro (Izzo)

LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS, 27.06.2010

Alle ore 12 di oggi il Santo Padre Benedetto XVI si affaccia alla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli ed i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro.
Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:

PRIMA DELL’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle!

Le letture bibliche della santa Messa di questa domenica mi danno l’opportunità di riprendere il tema della chiamata di Cristo e delle sue esigenze, tema sul quale mi sono soffermato anche una settimana fa, in occasione delle Ordinazioni dei nuovi presbiteri della Diocesi di Roma.

In effetti, chi ha la fortuna di conoscere un giovane o una ragazza che lascia la famiglia di origine, gli studi o il lavoro per consacrarsi a Dio, sa bene di che cosa si tratta, perché ha davanti un esempio vivente di risposta radicale alla vocazione divina. E’ questa una delle esperienze più belle che si fanno nella Chiesa: vedere, toccare con mano l’azione del Signore nella vita delle persone; sperimentare che Dio non è un’entità astratta, ma una Realtà così grande e forte da riempire in modo sovrabbondante il cuore dell’uomo, una Persona vivente e vicina, che ci ama e chiede di essere amata.

L’evangelista Luca ci presenta Gesù che, mentre cammina per la strada, diretto a Gerusalemme, incontra alcuni uomini, probabilmente giovani, i quali promettono di seguirlo dovunque vada. Con costoro Egli si mostra molto esigente, avvertendoli che “il Figlio dell’uomo – cioè Lui, il Messia – non ha dove posare il capo”, vale a dire non ha una propria dimora stabile, e che chi sceglie di lavorare con Lui nel campo di Dio non può più tirarsi indietro (cfr Lc 9,57-58.61-62).
Ad un altro invece Cristo stesso dice: “Seguimi”, chiedendogli un taglio netto dei legami familiari (cfr Lc 9,59-60). Queste esigenze possono apparire troppo dure, ma in realtà esprimono la novità e la priorità assoluta del Regno di Dio che si fa presente nella Persona stessa di Gesù Cristo. In ultima analisi, si tratta di quella radicalità che è dovuta all’Amore di Dio, al quale Gesù stesso per primo obbedisce. Chi rinuncia a tutto, persino a se stesso, per seguire Gesù, entra in una nuova dimensione della libertà, che san Paolo definisce “camminare secondo lo Spirito” (cfr Gal 5,16). “Cristo ci ha liberati per la libertà!” – scrive l’Apostolo – e spiega che questa nuova forma di libertà acquistataci da Cristo consiste nell’essere “a servizio gli uni degli altri” (Gal 5,1.13).

Libertà e amore coincidono! Al contrario, obbedire al proprio egoismo conduce a rivalità e conflitti.

Cari amici, volge ormai al termine il mese di giugno, caratterizzato dalla devozione al Sacro Cuore di Cristo. Proprio nella festa del Sacro Cuore abbiamo rinnovato con i sacerdoti del mondo intero il nostro impegno di santificazione. Oggi vorrei invitare tutti a contemplare il mistero del Cuore divino-umano del Signore Gesù, per attingere alla fonte stessa dell’Amore di Dio. Chi fissa lo sguardo su quel Cuore trafitto e sempre aperto per amore nostro, sente la verità di questa invocazione: “Sei tu, Signore, l’unico mio bene” (Salmo resp.), ed è pronto a lasciare tutto per seguire il Signore. O Maria, che hai corrisposto senza riserve alla divina chiamata, prega per noi!

DOPO L’ANGELUS

Stamani, in Libano, è stato proclamato Beato Estéphan Nehmé, al secolo Joseph, religioso dell’Ordine Libanese Maronita, vissuto in Libano tra la fine dell’Ottocento e la prima metà del Novecento. Mi rallegro di cuore con i fratelli e le sorelle libanesi, e li affido con grande affetto alla protezione del nuovo Beato.

In questa domenica che precede la solennità dei Santi Pietro e Paolo, ricorre in Italia e in altri Paesi la Giornata della Carità del Papa. Esprimo la mia viva gratitudine a quanti, con la preghiera e le offerte, sostengono l’azione apostolica e caritativa del Successore di Pietro e favore della Chiesa universale e di tanti fratelli vicini e lontani.

Je salue cordialement les pèlerins francophones et plus particulièrement les fidèles libanais qui assistent ce matin à la célébration de béatification du Frère Etienne Nehmé de l’Ordre Libanais Maronite! Nous sommes appelés à suivre le Christ car nous sommes baptisés. Nous sommes donc invités à orienter toutes nos ressources humaines et spirituelles vers Dieu, en cherchant à vivre sous la conduite de son Esprit. Puisse la Vierge Marie nous aider à enraciner davantage notre existence en Dieu, source du vrai bonheur et de la joie parfaite. Bon dimanche, et bon pèlerinage à tous!

I extend cordial greetings to the English-speaking pilgrims and visitors present for today’s Angelus. On Tuesday of this week we will be celebrating Rome’s feast-day, that is to say, the feast of Saints Peter and Paul – two great Apostles who proclaimed the Gospel in this city and bore witness to Christ even to the shedding of their blood. Through their prayers, may all who come on pilgrimage to Rome be renewed and strengthened in faith, hope and love. May God’s abundant blessings come down upon all of you and upon your loved ones at home!

Von Herzen grüße ich alle Brüder und Schwestern deutscher Sprache. Am heutigen Sonntag hören wir im Evangelium, wie Jesus einige seiner Jünger aufruft, auf jeglichen irdischen Besitz zu verzichten und sogar die eigene Familie zu verlassen, um ihm nachzufolgen; denn wie Jesus selbst sollen sie nicht nur mit ihren Worten, sondern mit ihrem ganzen Leben Zeugnis für das Reich Gottes ablegen. Beten wir für alle, die Christus in seine besondere Nachfolge ruft, und erforschen wir uns zugleich selbst, ob Gott auch in unserem Leben stets den ersten Platz einnimmt. Der Herr segne euch und eure Familien.

Saludo con afecto a los peregrinos de lengua española, presentes en esta oración mariana, y a todos los que se unen a ella a través de la radio o la televisión. En el evangelio proclamado este domingo, se nos muestra un verdadero programa de vida cristiana y Jesús mismo nos invita a un seguimiento más radical de su Persona, basado en el amor y el servicio. De la mano de la Santísima Virgen María, supliquemos la gracia de entender cada día más esta paradoja evangélica: que sólo el que pierde la vida por Cristo, la gana realmente. Muchas gracias y feliz domingo.

Serdeczne pozdrowienie kieruję do Polaków. Zbliża się okres wakacji. Dla wielu będzie to czas odpoczynku. Życzę, aby wakacyjne spotkania z przyrodą, z nowymi ludźmi, z owocami ludzkiej twórczości były okazją nie tylko do wzmocnienia sił fizycznych i rozwoju intelektualnego, ale także do intensywniejszego kontaktu z Bogiem i wzrastania w wierze. Niech Bóg wam błogosławi!

[Un cordiale saluto rivolgo ai polacchi. Si avvicina il periodo delle vacanze. Per tanti esso sarà tempo di riposo. Auguro che gli incontri con la natura, con nuove persone, con i frutti della creatività umana siano un’occasione non solo di recupero delle forze fisiche e dello sviluppo intellettuale, ma anche di un più intensivo contatto con Dio e di rafforzamento nella fede. Dio vi benedica!]

Rivolgo infine un saluto cordiale ai pellegrini di lingua italiana, in particolare al gruppo AVIS di Sant’Anna d’Alfaedo, presso Verona. A tutti auguro una buona domenica.

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sabato 26 giugno 2010

L'esempio del Santo Curato d’Ars costituisca per voi, cari soci del Circolo San Pietro, un costante invito a spalancare le braccia ad ogni persona


UDIENZA ALLA DELEGAZIONE DEL CIRCOLO SAN PIETRO, 26.06.2010

Alle ore 12.15 di questa mattina, nella Sala dei Papi del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Benedetto XVI riceve in Udienza una delegazione del Circolo San Pietro e rivolge loro il discorso che riportiamo di seguito:

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Cari Soci del Circolo San Pietro!

Sono lieto di accogliervi in occasione di questo gradito incontro, che mi offre l'opportunità di rinnovarvi la mia riconoscenza per la vostra generosa opera al servizio della Santa Sede.
Questo momento si svolge nell’imminenza della Solennità liturgica dei santi Pietro e Paolo e ci consente, in certo modo, di pregustare la gioia di tale ricorrenza così significativa per il vostro benemerito Sodalizio e per la Chiesa intera. Vi saluto tutti con affetto, ad iniziare dal vostro Presidente Generale, Duca Leopoldo Torlonia, che ringrazio per le gentili parole che mi ha rivolto a nome di tutti, e dal vostro Assistente spirituale.

Abbiamo da poco concluso l’Anno Sacerdotale, tempo di grazia, durante il quale la Chiesa ha riflettuto con speciale attenzione sulla figura di san Giovanni Maria Vianney, il Santo Curato d’Ars, ricordandone il 150° anniversario della morte.

Egli è un modello di vita evangelica non solo per i sacerdoti, ma anche per i laici, specialmente per quanti, come voi, sono impegnati nel vasto campo della carità. Un aspetto peculiare della vita di questo umile prete fu infatti il distacco dai beni materiali.

Egli non possedeva nulla, distribuiva tutto ai più bisognosi; per sé non sentiva necessità di niente: tutto considerava superfluo. L’amore ai poveri lo aveva imparato da fanciullo, vedendo come venivano accolti e assistiti dai suoi genitori, in casa. Questo amore lo portò, nel corso della sua vita sacerdotale, a distribuire agli altri tutto ciò che aveva. Diede vita anche ad una casa di accoglienza, che chiamò "La provvidenza", per bambine e ragazze povere: ad esse dedicava ogni sforzo perché ricevessero una sana educazione cristiana.

Il suo esempio costituisca per voi, cari soci del Circolo San Pietro, un costante invito a spalancare le braccia ad ogni persona che ha bisogno di un segno tangibile di solidarietà.

Continuate ad essere questo segno concreto della carità del Papa verso quanti si trovano nel bisogno sia in senso materiale che in senso spirituale, come pure verso i pellegrini che giungono a Roma da ogni parte del mondo per visitare le tombe degli Apostoli e per incontrare il Successore di Pietro.

Com’è stato poc'anzi ricordato, voi oggi siete qui convenuti per consegnarmi l'Obolo di San Pietro raccolto nelle chiese di Roma. Desidero esprimervi la mia viva gratitudine per questo attestato di partecipazione alla mia sollecitudine per le persone più bisognose.

Esso rappresenta come un punto di convergenza fra due azioni complementari, che si stringono in un'unica eloquente testimonianza di carità evangelica, poiché, da un lato, manifesta l'affetto degli abitanti di questa Città e dei pellegrini nei confronti del Successore di Pietro e, dall'altro, esprime la concreta solidarietà della Santa Sede verso le tante realtà di disagio e di indigenza che, purtroppo, permangono a Roma e in tante parti del mondo. Avvicinando le parrocchie romane e gestendo centri di assistenza e di accoglienza nella Capitale, voi avete la possibilità di cogliere direttamente le molteplici situazioni di povertà ancora presenti; al tempo stesso, potete anche constatare quanto sia intenso nella gente il desiderio di conoscere Cristo e di amarlo nei fratelli.

Mediante questo vostro impegno di andare incontro alle necessità dei meno fortunati, voi diffondete un messaggio di speranza, che scaturisce dalla fede e dall’adesione al Signore, facendovi così araldi del suo Vangelo. Carità e testimonianza continuino ad essere dunque le linee guida del vostro apostolato. Vi incoraggio a proseguire con gioia in questa vostra azione, ispirandovi incessantemente agli indefettibili principi cristiani e traendo sempre nuovo vigore dalla preghiera e dallo spirito di sacrificio - come recita il vostro motto -, per portare copiosi frutti di bene sia nella Comunità cristiana che nella società civile.

Affido le vostre aspirazioni, i propositi ed ogni attività alla materna protezione della Vergine Santa, Salus Populi Romani, perché guidi i vostri passi, rendendovi sempre più convinti operatori di solidarietà e costruttori di pace in tutti gli ambiti dove si svolge la vostra meritevole azione associativa. Con tali voti, invoco la celeste intercessione dei Santi Pietro e Paolo e volentieri imparto a ciascuno di voi, alle vostre famiglie e a quanti incontrate nel vostro quotidiano servizio una speciale Benedizione Apostolica.

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venerdì 25 giugno 2010

Il Papa: Auguriamo tutti alla Terra Santa, all'Iraq e al Medio Oriente il dono di una pace stabile e di una salda convivenza pacifica


UDIENZA AI PARTECIPANTI ALL’ASSEMBLEA DELLA "RIUNIONE PER L’AIUTO ALLE CHIESE ORIENTALI" (R.O.A.C.O.), 25.06.2010

Alle ore 12 di questa mattina, nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Benedetto XVI riceve in udienza i partecipanti all’Assemblea della "Riunione per l’Aiuto alle Chiese Orientali" (R.O.A.C.O.) e rivolge loro il discorso che pubblichiamo di seguito:

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Signori Cardinali,
Venerati Confratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio,
Cari Membri ed Amici della roaco
,

Vi accolgo con gioia per la sessione estiva della Riunione delle Opere in Aiuto alle Chiese Orientali e ringrazio di cuore il Cardinale Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, per il saluto che mi ha rivolto. Lo ricambio accompagnato dal ricordo al Signore e lo estendo all'Arcivescovo Segretario, al Sotto-Segretario e ai Collaboratori del Dicastero, con un cordiale pensiero per il Rappresentante Pontificio a Gerusalemme, in Israele e Palestina, per l'Arcivescovo Maronita di Cipro e il Padre Custode di Terra Santa qui convenuti con i Rappresentanti delle Agenzie Cattoliche Internazionali e della Bethlehem University. A tutti esprimo la gratitudine mia e di tutta la Chiesa, in particolare dei Pastori e dei fedeli orientali e latini dei territori affidati alla Congregazione Orientale e di quanti sono emigrati dalla madrepatria.

Nous souhaitons tous à la Terre Sainte, à l'Irak et au Moyen Orient le don d'une paix stable et d'une convivialité solide. Elles naissent du respect des droits de la personne, des familles, des communautés et des peuples, et du dépassement de toute discrimination religieuse, culturelle ou sociale. Je confie à Dieu, mais à vous également, l'appel lancé à Chypre en faveur de l'Orient chrétien. En tant qu'instruments de la charité ecclésiale, puissiez-vous collaborer toujours davantage à l'édification de la justice dans la liberté et dans la paix!
J'encourage les frères et sœurs qui, en Orient, partagent le don inestimable du Baptême à persévérer dans la foi et, malgré les nombreux sacrifices, à demeurer là où ils sont nés. En même temps, j'exhorte les migrants orientaux à ne pas oublier leurs origines, spécialement religieuses. Leur fidélité et leur cohérence humaines et chrétiennes en dépendent. Je désire rendre un hommage particulier aux chrétiens qui souffrent de la violence à cause de l'Evangile, et je les confie au Seigneur. Je compte toujours sur les Responsables des Nations afin qu'ils garantissent de manière réelle, sans distinction et partout, la profession publique et communautaire des convictions religieuses de chacun.
L'année dernière, à cette occasion et en raison de l'année sacerdotale, j'avais demandé qu'une attention particulière soit portée aux ministres du Christ et de l'Eglise. Des fruits abondants de sanctification ont surgi non seulement pour les prêtres mais également pour tout le peuple de Dieu. Supplions l'Esprit Saint afin qu'il confirme ces signes de la bienveillance divine par le don de vocations, dont la communauté ecclésiale, tant en Occident qu'en Orient, a fortement besoin.

[Auguriamo tutti alla Terra Santa, all'Iraq e al Medio Oriente il dono di una pace stabile e di una salda convivenza pacifica. Esse nascono dal rispetto dei diritti della persona, delle famiglie, delle comunità e dei popoli, e dal superamento di ogni discriminazione religiosa, culturale o sociale. Affido a Dio, ma anche a voi, l'appello lanciato a Cipro a favore dell'Oriente cristiano. In quanto strumenti della carità ecclesiale, possiate collaborare sempre più all'edificazione della giustizia nella libertà e nella pace!
Incoraggio i fratelli e le sorelle che, in Oriente, condividono il dono inestimabile del Battesimo a perseverare nella fede e, malgrado i numerosi sacrifici, a restare laddove sono nati. Allo stesso tempo, esorto i migranti orientali e non dimenticare le proprie origini, specialmente religiose. La loro fedeltà e la loro coerenza umane e cristiane dipendono da ciò. Desidero rendere un omaggio particolare ai cristiani che subiscono la violenza a causa del Vangelo e li affido al Signore. Conto sempre sui Responsabili delle Nazioni affinché garantiscano in modo reale, senza distinzioni e ovunque, la professione pubblica e comunitaria delle convinzioni religiose di ognuno.
Lo scorso anno, in questa occasione e a motivo dell'anno sacerdotale, avevo chiesto che un'attenzione particolare fosse rivolta ai ministri di Cristo e della Chiesa. Frutti abbondanti di santificazione sono nati, non solo per i sacerdoti ma anche per tutto il popolo di Dio. Supplichiamo lo Spirito Santo affinché confermi questi segni della benevolenza divina attraverso il dono delle vocazioni, di cui la comunità ecclesiale, sia in Occidente sia in Oriente, ha fortemente bisogno.]

Ich freue mich zu erfahren, daß die katholischen Ostkirchen eifrig an der Umsetzung der Ziele des Priesterjahres mitgewirkt haben und daß die Hilfswerke der roaco vorhaben, sie in diesem Bereich auch weiterhin zu unterstützen. Ihr habt nicht nur die Ausbildung der Kandidaten für die Heiligen Weihen, die eine bleibende Priorität ist, sondern auch die Bedürfnisse des in der Pastoral tätigen Klerus in den Blick genommen, wie z.B. seine geistliche und kulturelle Fortbildung sowie die Hilfen für Priester besonders auch in der schwierigen und zugleich doch fruchtbaren Phase von Krankheit und Alter. Auf diese Weise tragt ihr dazu bei, in der Kirche und in der heutigen Gesellschaft die kostbare und unentbehrliche Gabe des priesterlichen Dienstamtes erstrahlen zu lassen. Der Orient war im Altertum Heimstätte großer Schulen priesterlicher Spiritualität. Die Kirche von Antiochia, um nur ein Beispiel anzuführen, hat außergewöhnliche Heilige hervorgebracht: hochgebildete Priester, die nicht sich selbst in den Vordergrund stellten, sondern Christus und die Apostel. Sie widmeten sich ganz und gar der Verkündigung des Wortes und der Feier der göttlichen Mysterien. Sie waren in der Lage, die Menschen tief in ihren Gewissen zu berühren und dort zu erreichen, wo sich mit rein menschlichen Mitteln kein Weg aufgetan hätte.
Liebe Freunde, tragt mit eurem Engagement vor allem dazu bei, daß die Priester der Ostkirchen in unserer Zeit Widerhall dieses spirituellen Erbes sein können. Dem Netz der schulischen und sozialen Einrichtungen, das euch zu Recht ein Anliegen ist, wird dies einen großen Schub verleihen, sofern dies in einer soliden pastoralen Perspektive erfolgt. Wenn die Priester in ihrem Dienstamt wirklich von geistlichen Motiven geleitet werden, dann werden auch die Laien in ihrem Engagement bestärkt, sich ihrer christlichen Berufung gemäß um die zeitlichen Dinge zu kümmern.

[Sono lieto di constatare che le Chiese orientali cattoliche hanno collaborato con zelo alla concretizzazione degli obiettivi dell'anno sacerdotale e che le opere di aiuto della roaco hanno voluto sostenerle anche in questo ambito. Non avete considerato solo la formazione dei candidati all'ordine sacro, che è una priorità costante, ma anche le esigenze del clero attivo nella pastorale, come, per esempio, un aggiornamento spirituale e culturale e aiuti ai sacerdoti, soprattutto nella fase difficile ma, nello stesso tempo, feconda della malattia e della vecchiaia. In tal modo, contribuite a irradiare nella Chiesa e nella società attuale il dono prezioso e indispensabile del servizio sacerdotale. Nel mondo antico l'oriente era sede di grandi scuole di spiritualità sacerdotale. La Chiesa di Antiochia, per portare un esempio, ha prodotto santi eccezionali: sacerdoti estremamente colti, che non hanno messo in prima linea se stessi, ma Cristo e gli apostoli. Si sono dedicati interamente all'annuncio della Parola e alla celebrazione di misteri divini. Erano nella condizione di toccare le persone profondamente nella loro coscienza e di arrivare laddove con mezzi meramente umani non si sarebbe potuto giungere.
Cari amici, con il vostro impegno contribuite soprattutto al fatto che i sacerdoti delle Chiese orientali, nel nostro tempo, possono essere eco di questa eredità spirituale. Alla rete delle istituzioni scolastiche e sociali, che è giustamente una vostra istanza, questo darà un forte impulso purché sfoci in una salda prospettiva pastorale. Quando i sacerdoti, nel loro servizio, sono guidati da motivi veramente spirituali, allora anche i laici sono rafforzati nel loro impegno a occuparsi delle cose temporali secondo la propria vocazione cristiana.]

We now have the common task of preparing for the Special Assembly for the Middle East of the Synod of Bishops. I thank God for this initiative, which is already producing the beneficial fruits of “communion and witness” for which the Synod was initially convoked. Last year at Castel Gandolfo, I had the pleasure of announcing this Synodal Assembly during a meeting of fraternal prayer and reflection with the Patriarchs and Major Archbishops of the Eastern Churches. During my recent visit to Cyprus, which I recall with much gratitude to God and to those who welcomed me, I consigned the Instrumentum Laboris of this Special Assembly to representatives of the Episcopate of the Middle East. I am pleased at the broad cooperation provided thus far by the Eastern Churches and for the work which, from the beginning, r.o.a.c.o. has done, and continues to do for this historical event. This joint effort will have fruitful results because of the presence of some of your representatives at this episcopal gathering and your ongoing relationship with the Congregation for the Eastern Churches.

[Sappiamo di avere il compito comune di prepararci all'Assemblea speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi. Rendo grazie a Dio per quest'iniziativa, che sta già producendo i frutti benefici di «comunione e di testimonianza» per i quali il Sinodo è stato inizialmente convocato.
Lo scorso anno, a Castel Gandolfo, ho avuto il piacere di annunciare questa Assemblea sinodale, durante un incontro di preghiera e di riflessione fraterne con i Patriarchi e con gli Arcivescovi maggiori delle Chiese orientali. Durante la mia recente visita a Cipro, che ricordo con molta gratitudine verso Dio e verso quanti mi hanno accolto, ho consegnato l'Instrumentum laboris di questa Assemblea speciale ai rappresentanti dell'Episcopato del Medio Oriente.
Sono lieto per l'ampia collaborazione offerta finora dalle Chiese orientali e per l'opera che, fin dall'inizio, la roaco ha svolto, e continua a svolgere per questo evento storico. Questo sforzo congiunto sortirà risultati fecondi per la presenza di alcuni dei vostri rappresentanti in questo raduno episcopale e per il vostro rapporto costante con la Congregazione delle Chiese orientali.]

Cari amici, vi chiedo di contribuire con le vostre opere a tenere viva la «speranza che non delude» tra i cristiani d'Oriente (Rm 5, 5; cfr. Instrumentum laboris, Conclusioni). Nel «piccolo gregge» (Lc 12, 32) che essi compongono è già operante il futuro di Dio e la «via stretta» che stanno percorrendo è descritta dal Vangelo come «via alla vita» (Mt 7, 13-14). Vorremo essere sempre al loro fianco! Fiducioso nell'intercessione della Santissima Madre di Dio e dei santi Apostoli Pietro e Paolo, affido al Signore i benefattori, gli amici e i collaboratori vivi e defunti, legati in vario modo alla roaco, con un particolare ricordo per Mons. Padovese, recentemente scomparso, mentre imparto su ciascuno di voi, sui componenti e i sostenitori delle Agenzie internazionali, come su tutte le amate Chiese Orientali Cattoliche la confortatrice Benedizione Apostolica.

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(©L'Osservatore Romano - 25 giugno 2010)

giovedì 24 giugno 2010

Il Papa alle suore: la vostra consacrazione al Signore nel silenzio e nel nascondimento è resa feconda e ricca di frutti


VISITE PASTORALI DEL SANTO PADRE NELLA DIOCESI DI ROMA

BENEDIZIONE DELLA STATUA RESTAURATA DELLA "MADONNINA" DI MONTE MARIO IN ROMA E VISITA AL MONASTERO DOMENICANO DI SANTA MARIA DEL ROSARIO, 24.06.2010

Conclusa la visita al Centro "Don Orione", alle ore 11.15, il Santo Padre Benedetto XVI si reca in visita al Monastero Domenicano di Santa Maria del Rosario a Monte Mario ove presiede la Celebrazione dell’Ora Media e incontra la comunità delle monache di clausura. Nel Monastero sono custodite l’antica icona della Vergine Hagiosorritissa, detta Madonna di San Luca (secolo VII) e preziose reliquie di San Domenico, di Santa Caterina da Siena e altri santi e sante domenicani.
Pubblichiamo di seguito l’omelia che il Papa pronuncia nel corso della Celebrazione dell’Ora Media:

OMELIA DEL SANTO PADRE

Care sorelle,

a ciascuna di voi rivolgo le parole del Salmo 124, che abbiamo appena pregato: "La tua bontà, Signore, sia con i buoni e con i retti di cuore" (v. 4). È innanzitutto con questo augurio che vi saluto: su di voi sia la bontà del Signore. In particolare, saluto la vostra Madre Priora, e la ringrazio di cuore per le gentili espressioni che mi ha indirizzato a nome della Comunità. Con grande gioia ho accolto l’invito a visitare questo Monastero, per poter sostare insieme con voi ai piedi dell’immagine della Madonna acheropita di san Sisto, già protettrice dei Monasteri Romani di Santa Maria in Tempulo e di San Sisto.

Abbiamo pregato insieme l’Ora Media, una piccola parte di quella Preghiera Liturgica che, come claustrali, scandisce i ritmi delle vostre giornate e vi rende interpreti della Chiesa-Sposa, che si unisce, in modo speciale, con il suo Signore.

Per questa preghiera corale, che trova il suo culmine nella partecipazione quotidiana al Sacrificio Eucaristico, la vostra consacrazione al Signore nel silenzio e nel nascondimento è resa feconda e ricca di frutti, non solo in ordine al cammino di santificazione e di purificazione personale, ma anche rispetto a quell’apostolato di intercessione che svolgete per la Chiesa intera, perché possa comparire pura e santa al cospetto del Signore. Voi, che ben conoscete l’efficacia della preghiera, sperimentate ogni giorno quante grazie di santificazione essa possa ottenere alla Chiesa.

Care sorelle, la comunità che voi formate è un luogo in cui poter dimorare nel Signore; essa è per voi la nuova Gerusalemme, a cui salgono le tribù del Signore per lodare il nome del Signore (cfr Sal 121,4).

Siate grate alla divina Provvidenza per il dono sublime e gratuito della vocazione monastica, a cui il Signore vi ha chiamate senza alcun vostro merito. Con Isaia potete affermare "il Signore mi ha plasmato suo servo fin dal seno materno" (Is 49,5). Prima ancora che nasceste, il Signore aveva riservato a Sé il vostro cuore per poterlo ricolmare del suo amore. Attraverso il sacramento del Battesimo avete ricevuto in voi la Grazia divina e, immerse nella sua morte e risurrezione, siete state consacrate a Gesù, per appartenerGli esclusivamente. La forma di vita contemplativa, che dalle mani di san Domenico avete ricevuto nelle modalità della clausura, vi colloca, come membra vive e vitali, nel cuore del corpo mistico del Signore, che è la Chiesa; e come il cuore fa circolare il sangue e tiene in vita il corpo intero, così la vostra esistenza nascosta con Cristo, intessuta di lavoro e di preghiera, contribuisce a sostenere la Chiesa, strumento di salvezza per ogni uomo che il Signore ha redento con il suo Sangue.

È a questa fonte inesauribile che voi attingete con la preghiera, presentando al cospetto dell’Altissimo le necessità spirituali e materiali di tanti fratelli in difficoltà, la vita smarrita di quanti si sono allontanati dal Signore. Come non muoversi a compassione per coloro che sembrano vagare senza meta? Come non desiderare che nella loro vita avvenga l’incontro con Gesù, il solo che dà senso all’esistenza? Il santo desiderio che il Regno di Dio si instauri nel cuore di ogni uomo, si identifica con la preghiera stessa, come ci insegna sant’Agostino: "Ipsum desiderium tuum, oratio tua est; et si continuum desiderium, continua oratio" (cfr Ep. 130, 18-20); perciò, come fuoco che arde e mai si spegne, il cuore è reso desto, non smette mai di desiderare e sempre innalza a Dio l’inno della lode.

Riconoscete perciò, care sorelle, che in tutto ciò che fate, al di là dei singoli momenti di orazione, il vostro cuore continua ad essere guidato dal desiderio di amare Dio. Con il Vescovo di Ippona, riconoscete che è il Signore ad avere messo nei vostri cuori il suo amore, desiderio che dilata il cuore, fino a renderlo capace di accogliere Dio stesso (cfr In Io. Ev. tr. 40, 10). Questo è l’orizzonte del pellegrinare terreno! Questa è la vostra meta! Per questo avete scelto di vivere nel nascondimento e nella rinuncia ai beni terreni: per desiderare sopra ogni cosa quel bene che non ha uguali, quella perla preziosa che merita la rinuncia ad ogni altro bene per entrarne in possesso.

Possiate pronunciare ogni giorno il vostro "sì" ai disegni di Dio, con la stessa umiltà con cui ha detto il suo "sì" la Vergine Santa. Ella, che nel silenzio ha accolto la Parola di Dio, vi guidi nella vostra quotidiana consacrazione verginale, perché possiate sperimentare nel nascondimento la profonda intimità da Lei stessa vissuta con Gesù. Invocando la sua materna intercessione, insieme a quella di san Domenico, di santa Caterina da Siena e dei tanti santi e sante dell’Ordine Domenicano, imparto a tutte voi una speciale Benedizione Apostolica, che estendo volentieri alle persone che si affidano alle vostre preghiere.

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Al termine, il Santo Padre rientra in Vaticano.