sabato 8 marzo 2008

La fede suppone la ragione e la perfeziona, e la ragione, illuminata dalla fede, trova la forza per elevarsi alla conoscenza di Dio...


Vedi anche:

Benedetto XVI invita la Chiesa a ballare con i lupi (Il Foglio)

Il Papa, il discorso su fede e ragione e la "sporcizia nella Chiesa" (Giansoldati)

Mons. Ravasi commenta il discorso del Papa al Pontificio Consiglio della Cultura: «Così il Vangelo è lievito nella massa»

Discorso del Papa sul secolarismo, fede e ragione: "Importante tessera nel mosaico di interpretazione del nostro tempo (Botturi per "Avvenire")

Benedetto XVI: «La secolarizzazione minaccia la Chiesa» (Bobbio per "L'Eco di Bergamo")

Il grido d’allarme di Papa Ratzinger: «Deriva secolare nella Chiesa» (Tornielli)

La Chiesa è minacciata dalla secolarizzazione, bisogna rafforzare il dialogo tra scienza e fede e richiamare l'umanità ai "valori alti" (R.V.)

BENEDETTO XVI: SERVE UN DIALOGO FECONDO TRA SCIENZA E FEDE

UDIENZA AI PARTECIPANTI ALL’ASSEMBLEA PLENARIA DEL PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA CULTURA, 08.03.2008

Alle ore 12.30 di questa mattina, nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Benedetto XVI riceve in Udienza i partecipanti all’Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio della Cultura e rivolge loro il discorso che pubblichiamo di seguito:

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Signori Cardinali,
cari Fratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio,
gentili Signore, illustri Signori!


Sono lieto di accogliervi, in occasione dell'Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio della Cultura, congratulandomi per il lavoro che svolgete e, in particolare, per il tema scelto per questa Sessione: "La Chiesa e la sfida della secolarizzazione".

È questa una questione fondamentale per il futuro dell’umanità e della Chiesa. La secolarizzazione, che spesso si muta in secolarismo abbandonando l’accezione positiva di secolarità, mette a dura prova la vita cristiana dei fedeli e dei pastori, e voi l’avete, durante i vostri lavori, interpretata e trasformata anche in una sfida provvidenziale così da proporre risposte convincenti ai quesiti e alle speranze dell’uomo, nostro contemporaneo.

Ringrazio l’Arcivescovo Mons. Gianfranco Ravasi, da pochi mesi Presidente del Dicastero, per le cordiali parole con le quali si è fatto vostro interprete e ha illustrato la scansione dei vostri lavori. Sono grato anche a voi tutti per l’impegno profuso nel far sì che la Chiesa si ponga in dialogo con i movimenti culturali di questo nostro tempo, e sia così conosciuto sempre più capillarmente l’interesse che la Santa Sede nutre per il vasto e variegato mondo della cultura. Oggi più che mai, infatti, la reciproca apertura tra le culture è un terreno privilegiato per il dialogo tra uomini e donne impegnati nella ricerca di un autentico umanesimo, aldilà delle divergenze che li separano.

La secolarizzazione, che si presenta nelle culture come impostazione del mondo e dell’umanità senza riferimento alla Trascendenza, invade ogni aspetto della vita quotidiana e sviluppa una mentalità in cui Dio è di fatto assente, in tutto o in parte, dall’esistenza e dalla coscienza umana. Questa secolarizzazione non è soltanto una minaccia esterna per i credenti, ma si manifesta già da tempo in seno alla Chiesa stessa.

Snatura dall’interno e in profondità la fede cristiana e, di conseguenza, lo stile di vita e il comportamento quotidiano dei credenti.

Essi vivono nel mondo e sono spesso segnati, se non condizionati, dalla cultura dell’immagine che impone modelli e impulsi contraddittori, nella negazione pratica di Dio: non c’è più bisogno di Dio, di pensare a Lui e di ritornare a Lui. Inoltre, la mentalità edonistica e consumistica predominante favorisce, nei fedeli come nei pastori, una deriva verso la superficialità e un egocentrismo che nuoce alla vita ecclesiale.

La "morte di Dio" annunciata, nei decenni passati, da tanti intellettuali cede il posto ad uno sterile culto dell’individuo. In questo contesto culturale, c’è il rischio di cadere in un’atrofia spirituale e in un vuoto del cuore, caratterizzati talvolta da forme surrogate di appartenenza religiosa e di vago spiritualismo.

Si rivela quanto mai urgente reagire a simile deriva mediante il richiamo dei valori alti dell’esistenza, che danno senso alla vita e possono appagare l’inquietudine del cuore umano alla ricerca della felicità: la dignità della persona umana e la sua libertà, l’uguaglianza tra tutti gli uomini, il senso della vita e della morte e di ciò che ci attende dopo la conclusione dell’esistenza terrena.

In questa prospettiva il mio predecessore, il Servo di Dio Giovanni Paolo II, consapevole dei cambiamenti radicali e rapidi delle società, con insistenza richiamò l’urgenza di incontrare l’uomo sul terreno della cultura per trasmettergli il Messaggio evangelico. Proprio per questo istituì il Pontificio Consiglio della Cultura, per dare un nuovo impulso all’azione della Chiesa nel fare incontrare il Vangelo con la pluralità delle culture nelle varie parti del mondo (cfr Lettera al Card. Casaroli, in: AAS LXXIV, 6, pp. 683-688). La sensibilità intellettuale e la carità pastorale del Papa Giovanni Paolo II lo spinsero a mettere in risalto il fatto che la rivoluzione industriale e le scoperte scientifiche hanno permesso di rispondere a domande che prima erano parzialmente soddisfatte solo dalla religione. La conseguenza è stata che l’uomo contemporaneo ha spesso l’impressione di non aver più bisogno di nessuno per comprendere, spiegare e dominare l’universo; si sente il centro di tutto, la misura di tutto.

Più recentemente la globalizzazione, per mezzo delle nuove tecnologie dell’informazione, ha avuto non di rado come esito anche la diffusione in tutte le culture di molte componenti materialistiche e individualistiche dell’Occidente. Sempre più la formula "Etsi Deus non daretur" diventa un modo di vivere che trae origine da una specie di "superbia" della ragione – realtà pur creata e amata da Dio – la quale si ritiene sufficiente a se stessa e si chiude alla contemplazione e alla ricerca di una Verità che la supera.

La luce della ragione, esaltata, ma in realtà impoverita, dall’Illuminismo, si sostituisce radicalmente alla luce della fede, alla luce di Dio (cfr Benedetto XVI, Allocuzione per l’incontro con l’Università di Roma "La Sapienza", 17 gennaio 2008). Grandi, perciò, sono le sfide con le quali la missione delle Chiesa deve confrontarsi in questo ambito.

Quanto mai importante si rivela perciò l’impegno del Pontificio Consiglio della Cultura per un dialogo fecondo tra scienza e fede. È un confronto tanto atteso dalla Chiesa, ma anche dalla comunità scientifica, e vi incoraggio a proseguirlo.

In esso la fede suppone la ragione e la perfeziona, e la ragione, illuminata dalla fede, trova la forza per elevarsi alla conoscenza di Dio e delle realtà spirituali. In questo senso la secolarizzazione non favorisce lo scopo ultimo della scienza che è al servizio dell’uomo, "imago Dei".

Questo dialogo continui nella distinzione delle caratteristiche specifiche della scienza e della fede. Infatti, ognuna ha propri metodi, ambiti, oggetti di ricerca, finalità e limiti, e deve rispettare e riconoscere all’altra la sua legittima possibilità di esercizio autonomo secondo i propri principi (cfr Gaudium et spes, 36); entrambe sono chiamate a servire l’uomo e l’umanità, favorendo lo sviluppo e la crescita integrale di ciascuno e di tutti.

Esorto soprattutto i Pastori del gregge di Dio a una missione instancabile e generosa per affrontare, sul terreno del dialogo e dell’incontro con le culture, dell’annuncio del Vangelo e della testimonianza, il preoccupante fenomeno della secolarizzazione, che indebolisce la persona e la ostacola nel suo innato anelito verso la Verità tutta intera.

Possano, così, i discepoli di Cristo, grazie al servizio reso in particolare dal vostro Dicastero, continuare ad annunciare Cristo nel cuore delle culture, perché Egli è la luce che illumina la ragione, l’uomo e il mondo. Siamo posti anche noi di fronte al monito rivolto all’angelo della Chiesa di Efeso: "Conosco le tue opere, la tua fatica e la tua costanza ... Ho, però, da rimproverarti che hai abbandonato il tuo primo amore" (Ap 2,2.4). Facciamo nostro il grido dello Spirito e della Chiesa: "Vieni!" (Ap 22,17), e lasciamoci invadere il cuore dalla risposta del Signore: "Sì, verrò presto!" (Ap 22,20). Egli è la nostra speranza, la luce per il nostro cammino, la forza per annunciare la salvezza con coraggio apostolico giungendo fino al cuore di tutte le culture. Dio vi assista nello svolgimento della vostra ardua ma esaltante missione!

Affidando a Maria, Madre della Chiesa e Stella della Nuova Evangelizzazione, il futuro del Pontificio Consiglio della Cultura e quello di tutti i suoi membri, vi imparto di tutto cuore la Benedizione Apostolica.

© Copyright 2008 - Libreria Editrice Vaticana


Indirizzo di saluto dell'Arcivescovo Ravasi a Benedetto XVI

ROMA, lunedì, 10 marzo 2008 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito l'indirizzo di saluto di monsignor Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, a Benedetto XVI in occasione dell’udienza di sabato al termine della Plenaria di questo Dicastero della Santa Sede.

* * *

Santità,

non è senza emozione che, come ultimo chiamato fra tutti (cf. 1 Corinzi 15, 8), do voce all’ideale famiglia dei membri, dei consultori e del personale del Pontificio Consiglio della Cultura che è ora riunita davanti a Lei per esprimerLe l’affetto del cuore, la condivisione nei pensieri e la sintonia nelle speranze. Alle spalle c’è un percorso di analisi e studio iniziato già col mio caro e stimato predecessore, il cardinale Paul Poupard, e proseguito attraverso una ricerca che è approdata nei giorni scorsi all’assemblea plenaria del dicastero con le sue riflessioni e coi suoi dialoghi vivi e intensi.

È stato un itinerario ramificato condotto all’interno di un orizzonte complesso e variegato, quello della secolarizzazione, fenomeno per altro già compaginato con le stesse origini della storia cristiana, come attesta il severo monito paolino, indirizzato ai cristiani di Roma, a «non conformarsi al secolo presente» (Romani 12, 2), stingendo la propria identità spirituale e culturale in un modello capace di spegnere il fremito della fede, di snervare l’ardore della carità, di annebbiare la ricerca della verità. È una tentazione che si ripresenta costantemente e che si insinua fortemente nelle nostre comunità cristiane ove crescono sempre più, come ai tempi dell’Apostolo, i vari Dema che «preferiscono il secolo presente» (2 Timoteo 4,10), incapaci di essere nel mondo senza diventare del mondo.

A differenza della sana secolarità che ha una sua corretta identità e autonomia, nella città secolarizzata – in cui ora viviamo, pensiamo e operiamo – Dio non viene necessariamente sfrattato ma è reso irrilevante o imprigionato in forme meramente sacrali o magiche. Come affermava un saggio appena edito sull’attuale Secular Age, «la ricerca individuale della felicità nella cultura dei consumi assorbe quasi interamente il nostro tempo e le nostre energie», relegando la persona umana solo entro le frontiere del contingente e dell’immediato, privandola di ogni anelito o inquietudine trascendente. Nella recente Lettera alla Diocesi di Roma sul compito urgente dell’educazione Lei, Santità, delineava e denunciava «un’atmosfera diffusa, una mentalità e una forma di cultura che portano a dubitare del valore della persona umana, del significato della verità e del bene, in ultima analisi della bontà della vita».

Eppure continuiamo ad essere certi della verità che «l’uomo supera infinitamente l’uomo», per usare la celebre espressione pascaliana, e che la Chiesa ha davanti a sé, proprio in quella città secolarizzata, spazi aperti per far germogliare un nuovo umanesimo cristiano e per far brillare una fede autentica, limpida e pura. Là potrà far risuonare in modo nuovo e incisivo la Parola di Dio, capace di fecondare i deserti dell’indifferenza e della superficialità e di essere come fuoco e spada che infrange il rifiuto e l’ostilità. Là si potranno riproporre con vigore i grandi valori morali e i temi escatologici, riportando nel dibattito culturale il potente e grandioso elaborato intellettuale dei secoli passati. Là si dovrà ritessere con rigore e vigore il dialogo rispettoso tra scienza e fede.

A queste sfide alle quali Lei, Santità, costantemente spinge la Chiesa è nostro desiderio dedicarci, a partire da questi giorni di riflessione e di confronto. Ma soprattutto a partire dalla Sua parola, che ora attendiamo con slancio e passione, e dalla Sua benedizione apostolica. Saranno come una luce che ci accompagnerà e guiderà nel nostro percorso di ricerca e di testimonianza lungo le vie della città secolare e secolarizzata che si diramano davanti a noi.

[S. E. Mons. Gianfranco RAVASI]

© Copyright Zenit

Nessun commento: